giovedì 27 marzo 2014

ULTIMO reduce di EL ALAMEIN

Una notizia piccola piccola, ovviamente, per gran parte degli italioti e per tanti motivi, a partire dalla divisione manichea fra buoni e cattivi che porta a chiavi di lettura esclusivamente partigiane, svincolate dai reali e contingenti sentimenti degli attori coinvolti.

Mi ha particolarmente colpito perché ormai più di 60 anni fa avevo conosciuto una coppia, amici di famiglia che per loro comodità di lavoro venivano a pranzo a casa nostra (Trieste) durante il loro lungo intervallo di mezzogiorno (e così mia madre riusciva a completare indirettamente il rancio familiare), e il Carlo, poco più che trentenne, era stato catturato dagli inglesi proprio in quella che sarebbe stata chiamata la TERZA (per gli italiani, per gli altri la SECONDA) battaglia di El Alamein.

Quei discorsi ben poco riguardavano la battaglia in quanto tale perché c'era tutto un seguito che riguardava la prigionìa e alcuni aspetti molto pittoreschi. Intanto i prigionieri, o almeno una parte di loro, finì in Australia e per motivi molti concreti visto che i maschi in un ampio intervallo di età fu arruolato e spedito in Europa e per questo c'era una forte carenza di personale nelle grandi fattorie australiane. Con aspetti anche quasi boccacceschi, le lady infatti dovevano contrattare con il comandante del campo di prigionia l'utilizzo dei prigionieri stessi e troppo spesso al comandante sembrava che non fosse proprio per l'apporto lavorativo dei desiderati collaboratori, ma per altre attività suppongo di reciproca soddisfazione.

Qualunque fosse il motivo, i nostri italici prigionieri fecero comunque ritorno in patria a scaglioni dal 1947 in poi, proprio pe la fortissima carenza di braccia nell'agricoltura locale. Da notare che negli stessi anni cominciò una fortissima immigrazione dall'Italia all'Australia, dell'ordine di migliaia al mese (oltre 200 mila, fra il 1949 e il 1959)    e molti di questi erano di origine istriano-dalmata che avevano dovuto lasciare la loro patria originaria.

Gli altri discorsi, la motivazione politica, il ruolo dell'Italia, l'aspetto militare, i rapporti con l'esercito germanico, etc. etc. hanno sempre trovato poco spazio nel giornalismo italiano quasi fossero stati gli italiani gli unici colonialisti del mondo. In parte sono stati i più coglioni visto che per molti italiani andare in Africa significava terra da lavorare e uscire da condizioni sociali particolarmente fragili. E ci sono anche aspetti molto interessanti a proposito del petrolio che gli italiani NON TROVARONO e che gli inglesi invece trovarono subito a guerra finita. Si narra che un alto esponente dell'allora AGIP (oggi ENI come capofila) operante in LIBIA ricevette una alta onorificenza inglese a guerra finita, ma erano letture di anni lontani legate a un "matto" come ANTONINO TRIZZINO a partire dal suo libro NAVI E POLTRONE che tanto fece arrabbiare l'ammiragliato italico.




PS. Niente di nostalgico, reminiscenze, anche questa è stata ed è ITALIA.

domenica 16 marzo 2014

UN RICORDO DECISIVO.



Eppure anche stamattina avevo comprato i soliti quotidiani, mi ero sorbito i paginoni di Repubblica con i ricordi del vecchio fondatore ed i suoi ricordi di colloqui a due e tre voci. Mi era tutto scivolato via, come previsto e prevedibile. Poi stasera su Rai 3 c'era una ripresa di quelle ore, di quella folla, e, sarò limitato, di quel pulmino essenziale, forse patetico, quasi raccattato all'ultimo minuto con senso sparagnino, sommerso e disperso in quel mare di folla, ricco più di canti che di bandiere, perché le bandiere eran dentro e i canti, quelli di sempre, eran gli stessi che avevano accompagnato e tuttora accompagnavano le rudi lotte di fabbrica e della vita. 

Son tornato allora in quella dimensione di vita, di speranze, dimensione non poi così lontana guadando il calendario, stupito che fossero passati SOLO 30 anni e che io all'epoca fossi già decisamente grande, come dicono qui in Sardegna, già verso i 50.
E son ritornato a rivedermi con gli occhi di allora e nel ribollire, quasi un marasma, di contraddizioni, di speranze, di sensazioni e di fughe verso il personale individuale. Stranamente proprio in quei giorni c'era un clima di riappacificazione complessiva, uno dei primi a visitare "la salma" era stato Almirante senza particolari meraviglie nè dalla sua nè dalle altre parti. E quel mondo lo conoscevo bene, anche se lo MSI bolognese era altro rispetto a quello di Trieste dove ero cresciuto, decisamente retrò, ostensivamente labari e saluto alla mano, nonostante fosse stato la città di Arpinati.

C'era altro che in qualche modo divideva, come i residui del'68 e i pochi del '76 , molto però veniva in gran parte riassorbito dal partito  (a Bologna "il partito" era, e in parte ancora è, il PCI). Qualcuno dei colleghi che anni prima giocavano al pallone in classe stava entrando nei ranghi, tutti gli altri dispersi nei corsi comunali parascolastici li avevamo immessi in ruolo superando ostacoli di titoli di studio e riconoscendo anzianità indipendentemento dal possesso dei titoli (a Bologna tra istituti tecnici maschili e femminili, scuole dell'infanzia, nidi, dopo scuola medi ed elementari tutti gestiti dal Comune eravamo più di 3000 e io ero il quadro UIL-UNDEL delegato). Era in atto quel che capita dopo una burrasca, c'è una decantazione delle acque così che tutto sembra limpido. Nel mio piccolo io avevo lasciato il riferimento politico MSI, ero passato nelle vicinanze del PSI, ma in rotta di collisione con i craxiani locali e l'occasione per la rottura finale fu un congresso sindacale quando non me la sentii di votare alcuni nomi solo perché così era l'ordine.

E fu così che decisi, forse anche sotto l'emozione dell'avvenimento, di cominciare a votare PCI, difetto che continuai ad avere da allora votando per tutte le successive denominazioni senza più partecipare neppure marginalmente all'attività partitica. C'era già molto da fare nei casini personali e nel lavoro anche extrascolastico.

venerdì 14 marzo 2014

VITA



Era agosto, erano finiti anche gli esami di maturità e il prof era finalmente libero da ogni impegno. E anche lei. E, coincidenza, erano entrambi liberi da altri impegni, quei soliti impegni che gli adulti non più ragazzini hanno, che siano stati presi in Chiesa o altrove in modo, come si usa dire, civile. Così decisero che siccome era sabato, un viaggetto tranquillo verso i Lidi Ferraresi si poteva pure fare magari dalle parti di Pomposa così da unire cultura, mare e intimità personali. E' vero che di ore ne passavano parecchie ogni settimana assieme, durante l'anno scolastico, almeno 14 alla settimana, lui era il Teorico, lei, decisamente più giovane, l'assistente e oramai dopo i primi due anni erano assistenze molto gradite e c'era voluto del BELLO e del buono per convincerlo che era possibile! 

Ma torniamo a quel sabato d'agosto bolognese, le occasioni di incontro "privato" sarebbero state un po' meno facili, le estati con dei coniugi pieni di VIRTU' pongono limiti pesanti e quindi perché non approfittarne (una era via da CASA con il figlio piccolo dalla sorella lassù in Friuli, l'altro era ad un Congresso di chimica in Svezia ancora per almeno due giorni). 

La giornata era piena di sole, Bologna, Ferrara Sud, poi Comacchio e via a sinistra sulla Romea e le mani che ogni tanto si cercavano rendevano ancor più leggero il viaggio e anche le chiacchiere erano leggere e solite, è un FATTO che la comunione nel luogo di lavoro crea molte coincidenze di interessi e anche di osservazioni sia sugli studenti sotto trattamento che a spese dei colleghi, meglio ancora delle colleghe specie se esaminate con gli occhi di un'altra quasi ragazzina con qualche dieci anni in meno. 

Se ne dicono di CORBELLERIE volendo!

Ma parlando, ridendo, accarezzando specie se non ci sono di mezzo quei jeans così scomodi il tempo passa veloce ed erano arrivati quasi a Pomposa troppo in anticipo per quel ristorantino che li aveva visti qualche altra volta e c'era proprio in vista una stradotta  in direzione delta del PO con sprazzi di pineta. Dai che ci fermiamo un po', facciamo finta d'aver meno di vent'anni, prendi su il plaid, qui non corriamo certo il rischio di incontrare qualcuno che ci o ti conosce... E fu così, c'era un gruppo di pini e un rondò di cespugli quasi messo lì da un premuroso demonietto vestito da amorino. Poi si sa, si comincia piano piano e a volte nonostante la quasi consuetudine i gesti si fanno più insidiosi, più decisi, più delicati, più determinati...

Passa del tempo, tiran  su gli occhi e proprio quasi al confine del rondò di cespugli un allegra famigliola padre madre e tre figlioletti tra i 5 e i 10 anni stanno allestendo tutto il necessario per il pic-nic. Evidentemente gli impegni di poco prima avevano impedito di vedere e di sentire e fortuna che d'estate svestirsi e rivestirsi non è poi complesso e così, ridendo con un po' di brividi e d'incoscienza, recuperano il Renault scassato di lui e via al localino dove ritemprarsi e sorridere e scherzare e vedere di pensare come e quando riincontrarsi. Certo anche il cibo vuole un po' di attenzione, la solita frittura direttamente dal barcone e un vinello leggero e leggermente frizzante e l'oste che, vero o finto, si ricorda di noi e fa i complimenti d'obbligo alla "signora".

Poi, avevano quasi finito, voi siete di Bologna? stupiti, certo, perché? Han detto che è accaduto qualcosa alla Stazione, prima parlavano di una caldaia, adesso invece sembra che sia esploso qualcosa, parlano di ambulanze... Oddio, dice lei, ma tuo figlio non partiva oggi, per quegli inter-rail per l'Europa tutto zaino e sai che altro? Dai chiama il conto, torniamo in fretta, ci sarà altro tempo...

PS: in effetti era il 2 agosto e il figlio grande, 16 anni, era partito con un treno delle 9 e qualcosa, avrebbe telefonato a sera inoltrata per sapere cos'era successo.   Non c'erano cellulari all'epoca. 

La sostanza dei fatti è vera, sia la parte tragica che quella  semiseria. Il prof cambiò reparto e, piuttosto dopo divorziò, l'assistente cambiò marito ed ebbe una figlia, ogni tanto si incontrarono e a volte venne loro da ridere, senza malinconia.

Questo post fa parte di un gioco di scrittura tra blogger su parole scelte a turno dai partecipanti. Parole e partecipanti li potete trovare sul blog "Verba Ludica", al link:   http://carbonaridellaparola.blogspot.it/ 



venerdì 7 marzo 2014

1914. CENTO ANNI FA. NONNO AUGUSTO NON LO SA





Ma dovrà presto tornare a casa, al momento era tranquillo nella sua Trieste, con la moglie Teresa, la figlia acquisita assieme alla moglie Eugenia e i figli che letti nel giusto ordine esprimono il suo sentire di ribaldo carattere romagnolo, Giordano, Bruno e Hugo. Anagraficamente non era propriamente così, visto che mio padre, Bruno, arriva nel 1907, due anni dopo Hugo (all'anagrafe triestina non è chiaro se la H c'era), e dopo altri due scarsi il terzo, Giordano.

Augusto, nomen omen, era di famiglia perbene di Dozza Imolese, il padre, che poi sarebbe il mio bisnonno, aveva quella che oggi si direbbe una agenzia di servizi. Nel mondo d'allora le distanze e le comunicazioni erano piuttosto diverse, diciamo che il cavallo di San Francesco (a piedoni) impiegava oltre un paio d'ore anche camminando per sentieri e cavedagne, anche se di solito ci si appoggiava con un somaro perché andare al mercato (di solito di Imola) spesso significava merci in andata (polli, uova, primizie) e merci in ritorno (sementi, sale e pezze di stoffa e poco altro). Il somaro poteva essere attrezzato con un biroccio, e allora bisognava meglio selezionare le strade. Poi c'erano quelli del borgo che, pochi, usufruivano del cavallo con il biroccino (a due ruote) più o meno sprint a seconda dell'età e del censo.

Però nel mondo agricolo ogni tanto, spesso, c'erano cose da sistemare a livello patrimoniale ed ecco che Cremonini fungeva da intermediario per notai, eredi, acquisti, vendite e assistenza in genere. Con gli occhi di oggi la vallata è un rifugio di borghesi benestani con ville ricche di parchi e tranquillità, anche allora era agricoltura buona, dalla via Emilia salendo lungo il Sellustra ma non si deve salire troppo perché poi diventa calanco, meraviglioso per l'occhio, meno per le gambe e la pancia. Ecco quindi l'habitat in cui Augusto era cresciuto, secondo dopo la sorella Maria, ma già con i sentori del nuovo e quindi non certo voglioso di un futuro tutto legge ordine e ufficio. La sorella, MARIA la BELIA  (tradotto, la LEVATRICE, figura importante nel mondo contadino), primogenita  seguirà strade molto più consuete.

Ma torniamo all'Augusto che non segue strade consuete e ben presto entra nell'industria, cioè nella produzione, facendo il CANAPINO e svincolandosi quindi dal mondo paterno. Ma anche nella produzione e lavorazione della canapa ci sono aspetti diversi e proprio a Imola c'era la trasformazione della canapa nei cordami pregiati, quelli destinati all'impiego marinaro e comunque in quei settori che poi utilizzeranno cavi di acciaio. Ancora oggi c'è chi ricorda che attorno alla "rocca" di Imola si lavoravano quelle che sarebbero diventati cordami e gomene (nei miei ricordi di seminarista a Imola, anni 1947-50, ci sono i cavalletti e le macchine nel prato della rocca a produrre lunghezze di molte decine di metri fino anche a qualche centinaio). Era un lavoro senza limiti di tempo e ben retribuito e lo dimostra il fatto che attorno a questi prati c'erano osterie in abbondanza e quei luoghi ospitali con signore e signorine disponibili (a pagamento) a regalare compagnia, luoghi che anche lo Stato Pontificio, quando ancora esisteva, tollerava con molto interesse.

Naturalmente assieme al lavoro, alla vita poco ordinaria e ordinata, c'erano altre tentazioni. Imola era terra di socialisti, l'amministrazione comunale era guidata dai socialisti, per non parlare di Andrea Costa e come sempre c'erano le due anime, quella rivoluzionaria e quella, diremmo oggi arruffando il nasino, socialdemocratica. Nonno Augusto, ovviamente, era tra i casinisti rivoluzionari fino al punto di avere una reputazione quasi anarcoide e il padre di lui fu consigliato di avvertire il figlio e nonno Augusto partì per la solita strada via mare e, partendo dalle valli di Comacchio, arrivò a Trieste allora in forte espansione e affamata di mano d'opera capace e sveglia. Poi il resto era ovvio, l'Impero austro-ungarico consentiva accoglienza e libertà di movimento al suo interno, perché ci pensava la sua gendarmeria a tenere sotto sorveglianza gli ospiti.

E così, come già visto nonno Augusto trasforma la sua vita fino a crearsi quella tribù già raccontata. Dicono quelli che l'han conosciuto che l'unica lingua che conosceva e usava era il dialetto romagnolo originario e ci pensava nonna Teresa a tenere il timone. E non esito a prenderlo per vero, conoscendo il carattere delle donne di là e la comodità di molti maschi di affidarsi e confidare nella forza e saggezza femminile, specie dopo avere provveduto all'arrivo della prole avendo cose ben più importanti e, soprattutto, più interessanti cui provvedere. 

Poi c'è Sarajevo, l'Italia con le sue velleità irredentiste e agli ospiti italiani della tribù Cremonini nell'estate1914 arrivò l'aut-aut: o l'invio nei lager o il ritorno in Italia e così nonno Augusto e tutti i suoi arrivarono a Imola ospiti della sorella MARIA la Belia che intanto aveva sposato un serio impiegato di Banca più spesso a Bologna che a Imola e non aveva figli propri e in sintonia con la cognata teneva in riga grandi e piccoli. 

Il resto è storia veloce, finì la guerra, i Cremonini tornarono a Trieste lasciando alla zia il più grande, Bruno mio padre, che, abitava, combinazione, confinante con il podere dove intanto era nata la Valda che, dopo tante vicissitudini, quasi vent'anni dopo sposò, anche perché la luna andava crescendo e pochi mesi dopo nasceva il Benito! 

MA QUESTA è un'altra storia.


martedì 4 marzo 2014

UN BAMBOCCIONE di 54 anni


I fatti sono semplici, c'è un passaggio pedonale, delle macchine si fermano correttamente, arriva un... tale (non lo definisco a scanso di querele) in moto e stende lo "anziano" (come specificano ossessivamente i tanti cronisti) a terra.  Frattura bilaterale tibia e perone e frattura del bacino dell' ANZIANO (73 anni) pedone, manco fosse un carrarmato. Ci fosse stato un articolo, di quelli su google news, che avesse messo in rilievo il Mario Bartolozzi (lo cita per caso l'Unità) prima dell'arrambante Fiorello...

A proposito, 20 punti di sutura al cranio... Ce l'aveva il casco?

E non parliamo del rilievo su FB, ha avuto molto successo una battuta riferita al tapino pedone: se lo metterà tra i ricordi! 

Doglianze di un vecchio e pure invalido (ogni tanto me lo dimentico, è dal 1959)? Non prendiamoci in giro, basta star fermi come un cronista da You Tube a un incrocio con semaforo rosso per vedere  i rush da avvicinamento per guadagnare un qualche metro per avvicinarsi alla pole position...