E parto da lontano, da quando da vicino a Cagliari sono andato in provincia di Sassari, in un paese che di nome fa SORSO anche se la zona vien chiamata PLATAMONA a ridosso delle dune che tengono al suo posto il mare che spesso vorrebbe riprendersi il suo spazio litigando con la pineta intanto cresciuta.
E' chiaro che il miniappartamento è rinchiuso all'interno di un villaggio di circa 40 anni fa e che oggi non potrebbe essere costruito nello stesso luogo quasi sul mare, tant'è la legge allora consentiva e io mi ci trovo bene, anche se Luglio e Agosto son piuttosto affollati ma restano dieci mesi di pura tranquillità. Però i villaggi hanno un inconveniente, ci sono cancelli in entrata e in uscita e un unico posto per la posta così da poter ricevere notizie consuete dall'ENEL, la RAI, magari anche dal Comune o Equiqualcosa o la Posta o la Banca perché tutti gli altri te li ritrovi o qui o sul telefono più o meno -ino.
Capita allora che mi debbo attrezzare di apposita cassetta e mi affascina una di quelle che imitano le regie poste della mia infanzia e che sembra pure di ghisa e la monto nell'unico buco rasoterra rimasto libero. Passano finalmente le settimane fino a farsi almeno tre mesi e qualcosa arriva, lo vedo in basso che c'è una busta solo che la chiave non apre e la chiave era giusta, c'è lo stesso numero. Pazienza, prendo la cassetta,la metto con i piedi per aria e finalmente la busta viene prelevata là da dove era entrata e risistemo alla meglio con quel che un fanatico pensionato fai da te dotato di un furgoncino ha sempre con sè.
E le cose van bene per mesi finché decido stamattina di sistemare il tutto "più meglio" sostituendo quel misero filo da piantine rachitiche con qualcosa di più robusto, un bel filo rivestito di buccia plastica verde che nessuno potrà più rompere e mi tiro dietro anche la pinza-tenaglia per tagliarlo a misura e via con l'auto per arrivare in zona e sistemare il tutto. E tutto procede, lo smontaggio è completato c'è solo un problema, la pinza non apre le sue robustine ganasce per tagliare il filo e la bomboletta moderna di svitoil è finita e si preannuncia un apri-chiudi troppo faticoso. Poi l'idea che torna dai ricordi lontani quando era abitudine lubrificare le mani callose con la saliva, anzi, lo sputo. E ha funzionato, la saliva nel punto di snodo, poi un po' di apri chiudi via via più veloce e di nuovo saliva e poi ottimale, proprio come serve per tagliare il filo a misura, infilarlo nei buchi dietro in modo che tutto stia in piedi e sia possibile metterla rovesciata e poter prelevare quel che c'è dentro.
Intanto la radio dell'auto sintonizzata implacabile su RADIO RAI 3 raccontava del Convegno di Trento e dei discorsi solenni e delle ricette altrettanto elevate di gente che forse ne sa meno di me di cacciaviti e bulloni e di cassette e che di economia e soc-ciologia applicate altrettanto, specie di quelle che si raccontano tra loro, DOPO, dopo che il tutto è avvenuto. E ho ripensato alla mia preistorica saliva e alle sue proprietà sbloccanti e lubrificanti annidate nel profondo dei ricordi ricevuti durante le ore di lavoro in campagna e nei capanni in quei mesi estivi di quando lasciavo Trieste e andavo in Romagna da nonni, zii e cugini.
TORNIAMO AI FONDAMENTALI, DECIDIAMO ASSIEME IL TRAGUARDO E CONFIDIAMO NEL FUTURO, LO SPIRITO ANTICO CI ASSISTERA' NEL SOPPORTARE QUEL TANTO DI EGOISMO INEVITABILE PER RIPRENDERE UN CAMMINO CHE GIA' C'E' STATO.