mercoledì 15 aprile 2015

Italo Federico Goidanich, scherzi della memoria...

Succede a volte e non sai neppure perché, giravo a vuoto su Google e più per errore casuale che altro mi colpisce un finale di nome ...danich e poi leggo meglio, Goidanich...
 
Non so perché ma mi richiamano a cominciare da Pier Gabriele Goidanich, nato a Volosca nel 1868 e morto a Bologna nel 1953, istriano. Però non può essere, nel 1953 ero a ancora a Trieste e poi è un glottologo, addirittura un politico. Bocciato.
 
Però c'è anche un Gabriele Goidanich, può essere, è un entomologo, è possibile insegnasse a Botanica a Bologna. Ma ancora non mi convince. Quando ero con Ciusa (Walter) alla facoltà di Economia, Istituto di Merceologia, ogni tanto mi spediva a Botanica per consultare e, se era il caso, fotocopiare degli articoli. Me lo ricordo quell'Istituto: suonavo il campanello, il bidello-custode chiamava l'assistente, che mi portava dall'aiuto e poi andavamo dal Direttore a prendere la chiave della biblioteca, tornavamo dall'aiuto e assieme dall'assistente e con lui dal bidello. E finalmente noi ultimi due entravamo nella biblioteca, il bidello usciva, mi chiudeva a chiave dentro (quando ha finito suoni il campanello...). E infatti suonavo il campanello, riportavamo assieme la chiave secondo scala gerarchica anadata e ritorno e, finalmente, potevo riuscire con gli appunti ricopiati a mano e ritornare in facoltà con i preziosi risultati.
 
No, non poteva essere. Eppure questo Goidanich mi tormentava già da un'ora, me lo sentivo come di casa. Ci avevo parlato. Sommavo Trieste e Bologna, gli anni dovevano essere quelli, insisti  E così insisto fino a un probabile Goidanich, ortopedico. TOMBOLA, Italo Federico Goidanich, 1922-1966, Istituto Ortopedico Rizzoli, 1959. Rileggo ora perché mi avevano mandato da lui, giovanissimo, uno dei pochi al mondo che si occupavano (poi la specializzazione fu mescolata ad altre, leggo sempre ex-post) di strani tumori che si aggrappavano alle muscolature. Anche se il mio non era un tumore, era un guaio legato ai vari guai pre-natali che mi avevano portato a dover decidere di tagliare via un pezzo. Mi aveva visto l'anno prima, ci eravamo dati appuntamento per il giugno 1959. Un colloquio franco diretto, io in quel Rizzoli c'ero stato di casa nei primissimi anni di vita, avevano fatto anche una specie di innesto di un tendine animale perché il cordone ombelicale si era intorcilagliato un po' ovunque, ora amputando (come un pezzo dell'anulare mano destra) ora semplicemente stritolando come appunto sopra la caviglia destra.

Poi le difficoltà di circolazione e ricambio avevano portato alla necessità, forse, di tagliare e i due tre ricoveri all'anno per setticemia generale mi avevano convinto, BASTA! Goidanich, me lo vedo ancora, con tono fraterno, ma sei convinto? vogliamo riprovare? Ti rifaccio una specie di rinnovo plastico, stai a riposo... quanto? tre, sei mesi, un anno... No basta... Dopo? nessun problema posso tagliare comodo sul sano, giusto giusto per la protesi migliore...

Bene, sei convinto? Si... E allora do il via, analisi di routine, ci vediamo in sala operatoria fra tre giorni. Ciao. Avvisa tua madre... A proposito mi dicono dall'amministrazione che è già tutto a posto per la parte finanziaria, interviene la Cassa di Risparmio di Trieste, avverti i tuoi... Già, allora dopo i 18 anni, anche se studenti, la mutua per i figli di operai non c'era...

E così tre giorni dopo in sala operatoria e me lo ricordo, leggevo la lavagnetta della caposala, mancava una cosa, c'era anche il secondo dito del piede sinistro da togliere. era una specie di virgola che si arrabbiava ogni volta che mi mettevo la scarpa, meglio togliere anche quello.

PS: e pensare che pochi anni dopo concludeva lui, il Goidanich, la sua vita, giusto il tempo di scrivere nel 1959 un trattato che si usa ancora e dare il via a un centro scientifico...

4 commenti:

  1. Un altro tassello. Io la storia non la sapevo...... pat

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    1. sti padri... Eppure di questo non dovevo vergognarmi... Ciao FIGLIO!

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  2. certo che è proprio vero che certe vicissitudini fortificano e rendono alcuni umani delle rocce :) Credo sia il tuo caso.
    A qualcun altro avrebbe stroncato la vita una cosa così... mai tenere i figli dentro la bambagia, meglio che si sbuccino le ginocchia per imparare a vivere :)

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    1. le rocce... Se sbagli asse diventano vetro, oppure cambiando la temperatura arrivano ad essere amorfe e fanno a gara per mimetizzarsi con l'ambiente, senza chiedersi se si muove nel lecito o nell'illecito.
      In ogni caso è facile sopportare guai fisici, reagisci con orgoglio. E in questo un grosso aiuto da mia madre, mi seguiva, ma molto da lontano. A un certo punto nel post-operatorio il ginocchio tendeva a stare piegato sotto l'azione dei tendini, Goidanich disse a mia madre, lo tenga steso e lo carichi con questo sacchetto di sabbia... Lei era "gagia" di quel biondastro chiaro chiaro di certi nordici e con le efelidi (come la crusca...). E come obbedì e si vedeva che soffriva, ma non c'era pezza... Così quando cominciai a camminare quasi non guardava, o almeno non voleva si notasse. E io inevitabilmente stringevo i denti con nonsalanche...

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