STORIE DI SARDEGNA...
Era ormai lì che stava per arrivare la PRIMAVERA, non serviva
il CALENDARIO in quel mini giardino chiuso fra le mura di queste case. Eppure solo 8/9 decenni fa era
stato tutto libero e a disposizione del primo che arrivava. Visto con gli occhi
di oggi questo SANT’ AVENDRACE cagliaritano sembra impossibile fosse stato
libero agli occhi, ai passi, ai
giochi dei ragazzini ma se guardi all’interno di alcune corti (quelle non
trasformate in parcheggio) t’accorgi quel che un tempo era o, soprattutto, c’era.
Nella Sardegna dei primi del 1900 era in atto una emigrazione
costante dai paesi dell’ interno a
100-200 km da Cagliari soprattutto di ragazzini sui 9-11 anni, maschi, provenivano
da famiglie di piccolissimi possidenti di qualche ettaro magari disperso a mini
pezzature arrivate come dote delle mogli in famiglie con una dotazione di 12-18
figli, almeno al 50/60 % viventi e questi ragazzini arrivavano “a bottega” da
compaesani stabilitisi in città da tempo. Ancora adesso corrono gli stessi
cognomi nello stesso settore (macellai, panettieri, fornai, bar e simili) a
conferma che la solidarietà paesana era viva e convincente. Ma questo è solo un
modo per dare cornice ambientale al microscopico mondo ancora in attesa degli
attori.
Il primo a presentarsi, e ci se ne accorge, è il gattone dal balzo rombante e viene dal terrazzo-tetto
del piano secondo (e ultimo) che con un COLPO ben risonante piomba sul tettuccio di lamiera dell’angolo
degli attrezzi del giardino e poi subito
dopo con un altro balzo di quasi due metri arriva sul muro di confine con i
palazzi “nuovi” (di 30 anni fa), palazzi a 5 e più piani che sembrano costruiti
apposta e messi proprio lì per impedire la “vista a mare”! Strano signore
questo GATTO, particolarmente dispettoso sempre alla ricerca di novità utili a
scaricare la sua arroganza, iniziando l’ esplorazione.
Il terrazzo sopra è ovviamente dotato di tutti quegli
arricchimenti che proteggono (?) l’intimità dall’ altra barricata di palazzoni (anche
loro sui 30/40 anni, anche loro come barriera panoramica se non per qualche
fugace intimità visiva ferocemente protetta agli sguardi da tendaggi, a volte
stagionati come o più degli inquilini) con
arricchimenti dei soliti rampicanti negli ovvi e soliti contenitori pieni di
terriccio (che quel bravo “nero” ama scompigliare tutto attorno suscitando ovviamente
irritazioni e maledizioni di chi ama ordine e pulizia (la LEI) e di chi
cavallerescamente si dedica a prevenire malumori anche se non c’è scopa che lo
colga sul fatto a quel delinquente con i baffi.
Ma gatto nero tuttavia non è solo, c’è un'altra abitatrice
del terrazzo, timida, discreta, quieta e ostinata passeggiatrice con riposini
frequenti e per questo porta con sé la propria casa cercando tuttavia di non
lasciare segni del suo passaggio, attenta com’è a non strisciare dove altri
possano maltrattarla stante la fragilità della sua casa. E’ appunto la LUMACA,
anzi una lumachina nata da non molto e proprio da quelle uova rilasciate dalla
lumaca madre e dalle quali alla schiusa emergono quelle neonate come sempre già
ben dotate della loro casetta inabbandonabile.
Poi accadde, come a volte capita, che qualcuno si trova con alcuni impicci fra i piedi e non
c’è luogo più adatto e apparentemente discreto per disfarsene come un terrazzo,
soprattutto se schermato da fiorenti rampicanti tutti attorno. Fu così che sul terrazzo arrivò, come per caso, un
enorme globo di plastica trasparente di quasi due metri di diametro e ovviamente
divenne presto oggetto di molto interesse per tutti gli abitanti del luogo, a
cominciare naturalmente dal solito gattone tutto compreso nel suo ruolo di
unico potente signore del regno. Ma non fu il solo e fu raggiunto, dopo una
settimana di lungo cammino, dalla lumachina che, pur scivolando ogni tanto
sulla parete della bolla non bastandole la viscosità della striscia a
trattenerla, ce la metteva tutta per sopravvivere anche in quel nuovo mistero
tentando il più possibile di non farsi notare anche se non poteva nascondere la
lenta traccia che lasciava strisciando.
Per fortuna GATTO NERO non pareva interessarsi a lei e dopo
un po’ NERO andò alla ricerca di luoghi più interessanti epperò per manifestare a tutti la sua
irritazione come saluto con due zamponate colpì e chiuse l’ oblò della sfera,
rendendola così isolata da tutto il resto del terrazzo e, forse senza volerlo,
imprigionò la lumachina all’ interno.
Ma per fortuna anche per la
lumachina niente di immediatamente tragico, c’era aria umidità ed ossigeno per anni,
almeno così le suggerivano le memorie incollate nei suoi neuroni ereditati.
Quel che invece non poteva immaginare era l’ arrivo imprevisto di un fortunale
insolito originato dal solito maestrale che si era giusto incanalato fra le
alte case con un furore insolito, tanto da investire quel globo come fosse un
palloncino giocattolo. Per la lumachina accadde il finimondo, si sentì rotolare
e a volte volare e meno male che la sua scia viscosa faceva da collante sulle
pareti, ma si trovò tuttavia a rotolare tanto che il sole che traspariva dalla parete a volte
sembrava addirittura sotto di lei e non capiva, poverina, che era lei a
rotolare sotto sopra assieme alla parete in una vera e propria RIVOLUZIONE planetaria
che la sottoponeva a un continuo ballonzolare manco fosse ancora all’ interno
dell’ ovetto materno…
Però l’ isolamento in fondo era quasi un vantaggio, quella
umidità condensata sulle pareti si trasformava in un vapore che in parte ricondensava
su di lei come una simpatica doccia e nel liquido c’era anche una microscopica
presenza di componenti utili alla sua alimentazione e le venne da pensare che
allora non doveva temere per il suo FUTURO, almeno per l’ immediato
E non sbagliava anche perché prima o poi doveva accadere
qualcosa d’altro di imprevedibile e, infatti, un vortice catturò quella sfera
trasparente e la mandò a sbattere contro un comignolo bello e resistente… e fu
così che il mantello della sfera si ruppe in tanti frammenti e fortunatamente
uno di questi frammenti trasportò la lumachina planando via via sempre più
lentamente fino ad atterrare fra gli arbusti del profumato giardino sottostante.
Una volta tanto era un giardino rustico e non tenuto come si
usa dire all’ italiana e proprio per questo pieno di ogni sorta di piante e
cespugli, avanzi di foglie e frammenti, pieno di vita e tutti questi angoli e
angolini erano da esplorare piano piano e con attenzione così da assaporare ed
assimilare quanto fosse utile a vivere e crescere naturalmente… alla faccia di
tutti quei gattacci neri e insolenti!!!
FINE…