mercoledì 28 marzo 2018

STORIE DI SARDEGNA...




Era ormai lì che stava per arrivare la PRIMAVERA, non serviva il CALENDARIO in quel mini giardino chiuso fra le mura di  queste case. Eppure solo 8/9 decenni fa era stato tutto libero e a disposizione del primo che arrivava. Visto con gli occhi di oggi questo SANT’ AVENDRACE cagliaritano sembra  impossibile fosse  stato  libero  agli occhi, ai passi, ai giochi dei ragazzini ma se guardi all’interno di alcune corti (quelle non trasformate in parcheggio) t’accorgi quel che un tempo  era o, soprattutto, c’era.
Nella Sardegna dei primi del 1900 era in atto una emigrazione costante dai paesi  dell’ interno a 100-200 km da Cagliari soprattutto di ragazzini sui 9-11 anni, maschi, provenivano da famiglie di piccolissimi possidenti di qualche ettaro magari disperso a mini pezzature arrivate come dote delle mogli in famiglie con una dotazione di 12-18 figli, almeno al 50/60 % viventi e questi ragazzini arrivavano “a bottega” da compaesani stabilitisi in città da tempo. Ancora adesso corrono gli stessi cognomi nello stesso settore (macellai, panettieri, fornai, bar e simili) a conferma che la solidarietà paesana era viva e convincente. Ma questo è solo un modo per dare cornice ambientale al microscopico mondo ancora in attesa degli attori.
Il primo a presentarsi, e ci se ne accorge, è il gattone  dal balzo rombante e viene dal terrazzo-tetto del piano secondo (e ultimo) che con un COLPO ben risonante  piomba sul tettuccio di lamiera dell’angolo degli attrezzi del giardino e poi  subito dopo con un altro balzo di quasi due metri arriva sul muro di confine con i palazzi “nuovi” (di 30 anni fa), palazzi a 5 e più piani che sembrano costruiti apposta e messi proprio lì per impedire la “vista a mare”! Strano signore questo GATTO, particolarmente dispettoso sempre alla ricerca di novità utili a scaricare la sua arroganza, iniziando l’ esplorazione.
Il terrazzo sopra è ovviamente dotato di tutti quegli arricchimenti che proteggono (?) l’intimità dall’ altra barricata di palazzoni (anche loro sui 30/40 anni, anche loro come barriera panoramica se non per qualche fugace intimità visiva ferocemente protetta agli sguardi da tendaggi, a volte stagionati come o più degli inquilini)  con arricchimenti dei soliti rampicanti negli ovvi e soliti contenitori pieni di terriccio (che quel bravo “nero” ama scompigliare tutto attorno suscitando ovviamente irritazioni e maledizioni di chi ama ordine e pulizia (la LEI) e di chi cavallerescamente si dedica a prevenire malumori anche se non c’è scopa che lo colga sul fatto a quel delinquente con i baffi.
Ma gatto nero tuttavia non è solo, c’è un'altra abitatrice del terrazzo, timida, discreta, quieta e ostinata passeggiatrice con riposini frequenti e per questo porta con sé la propria casa cercando tuttavia di non lasciare segni del suo passaggio, attenta com’è a non strisciare dove altri possano maltrattarla stante la fragilità della sua casa. E’ appunto la LUMACA, anzi una lumachina nata da non molto e proprio da quelle uova rilasciate dalla lumaca madre e dalle quali alla schiusa emergono quelle neonate come sempre già ben dotate della loro casetta  inabbandonabile.
Poi accadde, come a volte capita, che  qualcuno  si trova con alcuni impicci fra i piedi e non c’è luogo più adatto e apparentemente discreto per disfarsene come un terrazzo, soprattutto se schermato da fiorenti rampicanti tutti attorno. Fu così  che sul terrazzo arrivò, come per caso, un enorme globo di plastica trasparente di quasi due metri di diametro e ovviamente divenne presto oggetto di molto interesse per tutti gli abitanti del luogo, a cominciare naturalmente dal solito gattone tutto compreso nel suo ruolo di unico potente signore del regno. Ma non fu il solo e fu raggiunto, dopo una settimana di lungo cammino, dalla lumachina che, pur scivolando ogni tanto sulla parete della bolla non bastandole la viscosità della striscia a trattenerla, ce la metteva tutta per sopravvivere anche in quel nuovo mistero tentando il più possibile di non farsi notare anche se non poteva nascondere la lenta traccia che lasciava strisciando.
Per fortuna GATTO NERO non pareva interessarsi a lei e dopo un po’ NERO andò alla ricerca di luoghi più interessanti  epperò per manifestare a tutti la sua irritazione come saluto con due zamponate colpì e chiuse l’ oblò della sfera, rendendola così isolata da tutto il resto del terrazzo e, forse senza volerlo, imprigionò la lumachina all’ interno.

Ma per fortuna  anche per la lumachina niente di immediatamente tragico,  c’era aria umidità ed ossigeno per anni, almeno così le suggerivano le memorie incollate nei suoi neuroni ereditati. Quel che invece non poteva immaginare era l’ arrivo imprevisto di un fortunale insolito originato dal solito maestrale che si era giusto incanalato fra le alte case con un furore insolito, tanto da investire quel globo come fosse un palloncino giocattolo. Per la lumachina accadde il finimondo, si sentì rotolare e a volte volare e meno male che la sua scia viscosa faceva da collante sulle pareti, ma si trovò tuttavia a rotolare tanto che  il sole che traspariva dalla parete a volte sembrava addirittura sotto di lei e non capiva, poverina, che era lei a rotolare sotto sopra assieme alla parete in una vera e propria RIVOLUZIONE planetaria che la sottoponeva a un continuo ballonzolare manco fosse ancora all’ interno dell’ ovetto materno…

Però l’ isolamento in fondo era quasi un vantaggio, quella umidità condensata sulle pareti si trasformava in un vapore che in parte ricondensava su di lei come una simpatica doccia e nel liquido c’era anche una microscopica presenza di componenti utili alla sua alimentazione e le venne da pensare che allora non doveva temere per il suo FUTURO, almeno per l’ immediato

E non sbagliava anche perché prima o poi doveva accadere qualcosa d’altro di imprevedibile e, infatti, un vortice catturò quella sfera trasparente e la mandò a sbattere contro un comignolo bello e resistente… e fu così che il mantello della sfera si ruppe in tanti frammenti e fortunatamente uno di questi frammenti trasportò la lumachina planando via via sempre più lentamente fino ad atterrare fra gli arbusti del profumato giardino sottostante.


Una volta tanto era un giardino rustico e non tenuto come si usa dire all’ italiana e proprio per questo pieno di ogni sorta di piante e cespugli, avanzi di foglie e frammenti, pieno di vita e tutti questi angoli e angolini erano da esplorare piano piano e con attenzione così da assaporare ed assimilare quanto fosse utile a vivere e crescere naturalmente… alla faccia di tutti quei gattacci neri e insolenti!!!


FINE…