Era giusto poco più di un anno fa, anzi un po' di più, l'anno scolastico era cominciato da poco e il prof Benito, di nuovo un po' più di 11 anni dalla andata in pensione, era tornato nella sua vecchia scuola. Vecchia per lui che ci aveva passato quasi venticinque anni (dopo i primi dieci nella antica sede di via Castiglione) ma ancora splendida con quelle aule ampie, i corridoi capaci di contenere le decine di ragazzi e, soprattutto, ragazze fra un turno di laboratorio e l'altro (già perché quello era l'ultimo piano, quello dei chimici, e li avevano messi lassù proprio perché evitassero di impestare tutto lo storico Istituto Aldini-Valeriani di Bologna con i loro effluvi sulfurei).
Alcuni degli ex-colleghi e un paio di ex-studenti diventati incaricati gli avevano fatto festa, quasi una rimpatriata conclusa giù al bar del pianterreno, persino con un passaggio del preside rosso di pelo e di tessera (la scuola era allora di proprietà comunale) e dalla memoria feroce e dalla stretta di mano fin troppo stritolante. Poi i saluti e l'uscita.
L'uscita...? Chissà cos'era successo, un'improvvisa amnesia, la ricerca di angoli sedimentati in qualche luogo della memoria, fatto sta che il prof Benito s'era trovato come perso in quei corridoi che davano accesso ai tanti e diversi reparti e laboratori. Gli accadeva anche un tempo, con quei corridoi tutti uguali e anche gli infissi tutti dello stesso colore, fosse il reparto tipografi o i muratori (preferivano il termine "edili"). Poi, casualità o voglia di passato, si trovò a salire fino al terzo piano ed era stata la cadenza claudicante delle sue gambe a rompere il silenzio e impedire il formarsi del senso di solitudine che di solito quegli ambienti vuoti comportano.
E poi fu tutto un susseguirsi di stimoli, gli venne in mente che al tempo che fu lui, il prof Benito, teneva nascosta la chiave d'accesso allo sgabuzzo dei bidelli e da lì poteva entrare nei vari laboratori come un gioco facile, facile. E fu proprio così, secondo la consueta sequenza: armadietto con tutte le chiavi sempre aperto, con in basso zucchero, caffè e riserva per la "correzione" e poi sopra e in ordine le chiavi del lato destro e ritorno dal sinistro. Come per caso scelse le chiavi del lab di sintesi organiche industriali e vide che anche la sequenza dei vari ambienti era rimasta la stessa, prima la zona sintesi con i reattorini in vetro da tre litri con agitatori meccanici e riflusso e bagno d'olio termostato per le lavorazioni a pressione atmosferica, poi la zona del vuoto per filtrare, concentrare fino ad essiccare etc. etc. Neanche tanto etc. etc., ostinato il prof Benito disordinato nella vita quotidiana (e negli amorazzi, dicevno le allieve) insisteva nel voler verificare stato di tutte le attrezzature e il necessario corredo bibliografico. Già, c'era ancora il suo vecchio Merck Index, persino i volumi gialli dell'Enciclopedia di chimica applicata, con tutte le sostanze in bell'ordine alfabetico, e, ma che strano, anche il suo brogliaccio nel solito abituale disordine e con l'abituale impasto di appunti scolastici e di lista per la spesa al supermercato che, conteneva, strano, una sigla MDMA.
MDMA ... MetilenDiossiMetAnfetamina...Cristo, ma è l'ECTASY, son diventati mat... e improvviso arrivò il suono di una sirena d'allarme e così prof Benito si alzò di scatto, ruzzolando a terra perché nella foga del risveglio si era dimenticato che dal 1959 aveva solo una gamba e mezzo e non era la sirena, era la pentola a pressione con tutte le verdure e due ali di tacchino per la cena sua e della sua cagnolina!
Il resto? una felice illusione...
NB “Questo post fa parte di un gioco di scrittura tra blogger su parole scelte a turno dai partecipanti.
Parole e partecipanti li potete trovare sul blog "Verba Ludica", al link http://carbonaridellaparola.blogspot.it/ “