Non avevo mai sentito parlare di chimica, ma all' epoca era un qualcosa di misterioso, in qualche modo legata ai medicinali come quelli che si usavano in agricoltura. Del resto non potevo non saperlo, venivo dal mondo contadino romagnolo per via di madre e spesso avevo passato lunghi periodi, specie d'estate, lì a San Prospero di Imola in via Lughese 35 e anche nell' altra casa, quella del 1930, in via Maduno.
In via Lughese nonno Fita (Giuseppe) e nonna Iusfina (Giuseppina) c'erano arrivati sposi novelli proprio all' inizio del secolo e con loro abitavano anche i fratelli minori del mio futuro nonno, Celso e Giovanni (Gianò). Celso poi un po' di anni dopo mise su famiglia e andò a stare in un podere vicino. Gianò invece rimase eternamente scapolo e diventò ZIOHN! (termine con il quale si sottolineava che oltre che zio era, appunto, scapolo, senza famiglia propria). Questa condizione gli permise poi indirettamente di essere il riferimento di tutti noi nipoti più o meno conviventi.
Ma questa premessa cosa c'entra? C'entra perché proprio nelle prime decine di anni del secolo scorso era partita la rivoluzione chimica, prima con i concimi e poi con i trattamenti, come venivano chiamati quelle irrorazioni con la pompa a spalla alle viti, e ad altre specie arboree, contro infestanti anche se facevano privilegio i trattamenti con SOLFATO di RAME e simili.
Già le viti, l' uva, il vino all'epoca, ma anche poi, erano la principale fonte di reddito e alla CARANTA (il nome del podere di via Lughese 35) i CIARAVAL (soprannome dei Geminiani arrivati a San Prospero) tutto questo soprattutto curavano. Gianò in particolare si occupava della cantina aiutato qualche 10 anni dopo da Ernesto (nome e soprannome coincidevano, visto che era insolito). Altro per gli altri figli come Domenico che diventò Minghì, Arcangelo trasformato in Canxì, mentre Primo e Lino restarono tali. Come poi accadde per Valda (come le pastiglie, amava dire quella che poi sarebbe stata mia madre, poveretta lei!) e Carolina, ultima nata dopo parecchi anni, probabilmente in seguito a una qualche distrazione. E meno male, nata nel 1923 e io nel 1936 fu sempre la mia adorata zia quasi sorellina e più che vice-madre in molte occasioni.
Ma non è questo l' argomento, visto che dovrei aver scelto di parlare di chimica e del futuro Benito e la chimica arriverà solo qualche anno dopo. Intanto c'era stata la guerra, io avevo finito il collegio (dei rifugiati e abbandonati di Villa San Martino di Lugo), poi avevo deciso di volermi far prete e quindi c'eran stati tre anni (1947-1950) di crescita on solo fisica nel Seminario arcivescovile di Imola. Accadde poi che io cambiai opinione, proprio quando mia madre aveva alla fine accettata l' idea di un futuro prete in casa, e così lasciai Imola per andare a Trieste, dove i miei si erano trasferiti da Ravenna, richiamati dai fratelli di mio padre che a Trieste c'erano da sempre e lì tutti e tre erano nati.
Era una storia complicata, l'altro mio nonno (Augusto) veniva da Dozza Imolese (oggi una questione di minuti, allora a piedi un paio d'ore, una decina di chilometri) e siccome era vivace e pure anarchico era dovuto scappare per evitare i caramba ed era finito a Trieste, allora città in piena espansione economica molto ospitale e ben controllata. Dopo un po' si era ambientato, fatto figli e pure sposato ma per i travagli bellici era dovuto tornare a Imola per evitare l' internamento. Naturalmente finita la guerra tutta la tribù era tornata a Trieste (moglie Klopcich e i due figli Giordano e Hugo) lasciando però a San Prospero, dalla sorella, il primogenito Bruno che poi sarà mio padre). La sorella, oltre ad essere "maritata" con un buon partito, era un personaggio importante nella realtà contadina per la sua funzione di "levatrice", termine comune allora per le ostetriche, e quindi a contatto con la parte femminile della comunità, tanto più con il sorgere dell' ONMI Opera Nazionale Maternita' e Infanzia.
E la chimica? la chimica è lì che arriva... In casa nostra, a Trieste via Parini 4, dove lasciato il Seminario ero arrivato nel 1950, venivano a pranzo (mia madre cucinava per loro così arrotondava) due simpatici coniugi, Ada e Carlo e il Carlo lavorava ad Aquilinia dove c'era una grande raffineria (Aquila, poi Total). Questo per il ragazzino di allora era una immagine grandiosa, specie se lo collegavo ai discorsi che Carlo faceva sulla sua prigionia in Australia (catturato in Africa). Così ai discorsi uniti alle immagini mentali delle fattorie australiane in mano alle "padrone" (i maschi in guerra), questo mondo di petroliere, torri di raffinazione, serbatoi era quasi benzina incendiata su un mondo di sogno futuro. C'ero pure andato lì vicino a sbirciare, a forza di autobus e corriere, ed era tutto affascinante e fantasioso.
Poi c'era anche qualcosa di stimolante nell' ADA, così giovane e adulta per i miei pensieri di adolescente. Tanto più che dopo pranzato spesso andavano a riposare nel lettone dei miei (l'appartamento al secondo piano era minimo, la cucina con balcone sul cortiletto interno, poi la camera da letto con una stufona in ceramica solenne e un letto supplementare per il grande, cioè io (mio fratello Italo, di 4 anni in meno, dormiva in uno stanzino che prendeva luce indiretta dalla cucina).
E, a parte la chimica, la compresenza femminile era così entusiasmante che un giorno le mie mani esagerarono, tanto che poi mi ritrovai tutto insanguinato e solo la saggezza di mia madre mi risparmiò di sprofondare...
Una parte l'avevo già letta, ma così "aggiustata" fila che è un piacere :) Ti sei deciso, finalmente, a riassemblare il tutto? :)
RispondiEliminaCi provo, anche perché ho una scadenza precisa, verso l'estate prossima, scadenza che sarà chiara alla fine e capirai perché...
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