martedì 28 febbraio 2012

ITALIA: una nazione di ORFANI IMPOTENTI.

Classe 1936, la mia, classe dell'IMPERO. Quasi due nonni prima c'era stata la realizzazione del sogno ricorrente nei secoli, fare di questo stivale proteso nel mare un tutto unico. Arrivava tardi l'Italia, anchge se singoli pezzi avevano già conosciuto nei secoli grande prestigio per commerci, influenze economiche, culturali, artistiche che tutti conosciamo e ricordiamo semplicemente pronunciando il nome di singole città, magari associando il nome di una famiglia, ad esempio la Firenze dei Medici, o di una struttura come la Venezia dei Dogi e via raccontando.

Il sogno dell'800 alla fine si era realizzato e proprio la generazione che ne aveva sognato e favorito la realizzazione restava delusa dall' osservare come micragnosa pedante e noiosa fosse l'Italia di tutti i giorni sotto la bandiera dei Savoia. Come sempre del resto e come sempre molti dei sogni avevano seguito la sorte dei tanti ragazzi morti qua e là combattendo in tutte quelle battaglie che noi, oggi vecchietti sopravvissuti, abbiamo studiato a cavallo tra la retorica stimolante del fascismo e gli scricchiolii provocati dalla rivincita dei tornati dall'esilio.

Ed ecco il sogno della masse formate nei primi decenni del '900, il sogno di un socialismo fra l'umanitario e il risorgente che avrebbe dato dignità alle nuove realtà operaie e contadine. E' la generazione di mio nonno ed anche mio padre. in fondo anche il fascismo diede a loro motivo di identificazione e successo. Da bambini vivevan al limite della sussistenza, crescendo avevano sentito che LORO tenevano banco nelle realtà internazionali. Anche noi, italiani, avevamo finalmente territori "nostri" dove trovare terre da coltivare, sottoposti sui quali anche la moglie di un caporale o di un sergente poteva comandare.

Quei sogni finirono come quelli della rana che si gonfiavano e gonfiavano fino a scoppiare. Una parte allora si rassegnò e si affidò a Santa Madre e sotto cotanta protezione si dedicò ai propri affari crescendo in denaro e supponenza. Una altra consistente parte si schierò dalla parte che garantiva il raggiungimento non solo di PANE e LAVORO ma anche DIGNITA', secondo Costituzione. L'errore fu di ancorare questo sogno a un mito esterno ed anche estraneo e crollò anch'esso con il crollare del muro che non lasciava vedere la realtà (anche perché era voluto il non voler vedere, altrimenti che sogno sarebbe stato?).

E poi l'ultimo sogno, quello di essere anche noi RICCHI e POTENTI, FINALMENTE,  altro che ferie 5 in una stanza a Rimini o a Bellaria, all'estero ovunque con radiolone, peli e pancia al vento accompagnati dalle radiolone e POTENTI (almeno con la cilindrata di moto e auto, ALFA prima, poi LANCIA, poi, finalmente, SUV). Sogno concluso come sappiamo, per la strada abbiamo lasciato alcuni miti, magari traslocati in Tunisia, ogni tanto ci ricordiamo Sigonella, dove ne abbiamo PRESE, tante, epperò ne abbiamo pure DETTE, poche. Però sotto traccia continuiamo a sognare, sogniamo di spezzare le reni non più alla Grecia (come mio zio partito nel '42 per raggiungere con passo contadino la Grecia e arrivarci per farsi mettere nei lager dall'ex-alleato) ma possibilmente alla Germania e, di nuovo, alle DEMOPLUTOCRAZIE delle banche, delle multinazionali dei tanti servi del capitale.

Poi, invece e naturalmente, c'é chi ha continuato a sgobbare, a fare, piano pianino con tranquilla perseveranza quel che va fatto godendo di questa terra fra un terremoto, una alluvione, una compagnia residuale quasi esistesse ancora l'antica tradizione del fottersi di capi capetti carabani e segretari comunali e persino del parroco.

Possibile che non arrivi il momento nel quale i sogni arrivano al compimento?


 

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