Lo scrivente, cappellone a sinistra. Con abbondanti ORECCHIE. IV E
L’ultimo anno, anche e soprattutto allora, era dedicato alla messa a punto dei singoli e dell’insieme. La maturità era una cosa impegnativa, anche se gli argomenti erano quelli dell’ultimo anno con i riferimenti degli anni precedenti. Qualcosa era stato già ammorbidito rispetto a qualche tempo prima, però gli orali vertevano su tutte le materie, con commissione completamente esterna più il commissario interno in veste ovvia di avvocato difensore che doveva però dare l’impressione di saggia imparzialità. L’unico vero addolcimento era che mentre prima si portavano gli interi programmi degli ultimi tre anni, adesso erano gli interi programmi di tutte le materie SOLO dell’ultimo con gli ovvi riferimenti agli anni precedenti.
Da notare poi che eravamo le prime classi a
concludere un percorso scolastico cominciato in situazione di normalità. Quando
eravamo partiti nel 1950 gli odori della guerra, delle distruzioni, delle
piccole, si fa per dire, "ferocie" da dopoguerra erano quasi
ricordi consolidati o sulla strada di diventarlo. Le conseguenze
personali delle adesioni politiche e degli schieramenti erano ormai chiare, una
buona parte aveva cambiato colore alla camicia conservando luogo di lavoro e
spesso anche grado e funzione non solo nell’impiego privato ma anche in quello
pubblico (l’amnistia Togliatti risolse parecchio.e chi, come mio padre,
lavorava in corpi dello stato scomparsi e non aveva l’età per essere assorbito
nei nuovi corpi di polizia o dell’esercito si era in qualche modo trovato una
sistemazione magari passando da un lavoro impiegatizio a uno di tipo operaio.
Chiaro che non avendo una preparazione tecnica adeguata il ruolo non poteva che essere quello di manovale. E magari ci fosse, sempre, quel lavoro!
Ritornando poi al clima
dell’ultimo anno, non eravamo solo noi sotto esame ma anche i nostri prof e in
particolare quello che oggi si direbbe di materie letterarie, il prof Suadi,
per molti motivi legati all’importanza che l’insieme delle sue materie
rappresentava nell’ambito della riforma Gentile, ma anche perchè la sua
cattedra, cioè le ore di insegnamento e di lavoro suo proprio, era tutta nella
nostra classe.
Così ripulitura e consiglio di rivedere il
latino, già semplificato per lo scritto dal (latino) e non in (latino),
il chè significava una iniezione di lezioni private perché praticamente avevo
campato di rendita sulla buona base ricevuta nelle medie inferiori in
Seminario. Lo scritto di latino non era così preoccupante, ma la traduzione a
vista dell’orale non poteva basarsi sui suggerimenti del dizionario o sui
messaggi vari dei compagni. Naturalmente significava che nell’amministrare il
salario di mio padre, mia madre doveva trovare una nicchia di disponibilità
pari al 5/10 % del totale, magari incrementato con una giusta dose di ore
straordinarie. Di questo te ne rendi conto solo anni dopo e neanche allora non pienamente.
Comunque nell’insieme l’esame
andò, anche lo scritto di matematica, materia a me non ostica ma ero inciampato
in una amnesia pericolosissima, fu portato a compimento grazie all’aiuto di una
compagna che aveva messo gli appunti sotto l’elastico che teneva le calze (le
ragazze, saggiamente, avevano deciso di sembrare delle donne, e a 18/19 anni
non era poi così difficile neppure allora). Giuro che non mi ricordo come fosse
il supporto di quegli appunti.
Lo scritto di architettura, che
comprendeva anche una specie di disegno-ricopiatura del particolare fornito dal
ministero, poteva essere solo uno dei tre: romanico, gotico, barocco.
Captato il collocamento del particolare, al resto pensavano i rotolini
sviluppati sotto gli occhi attenti della commissaria appoggiata al mio banco
(ero sempre nella prima fila), che ovviamente controllava attentamente ... quelli
dietro di me.
Agli orali frana paurosa in francese e in
scienze, onesta difesa nelle altre, brillante in storia e pure filosofia. In
storia, forse perchè il mio accento non era pienamente triestino (e poi mi
chiamo Benito!) il giovane commissario mi sottopose un problema non certo nel
programma: il destino di Trieste se la guerra fosse andata in modo diverso. Io,
senza barare ma con convinzione, sostenni che sarebbe passata sotto l’influenza
germanica e così gran parte dell’Istria. Naturalmente blah, blah rientrava in
una politica di sbocco sull’Adriatico etc. etc. Complimenti, accompagno
all’uscita dall’aula, stretta di mano.
E un miserabile 7, unico in una
marea di 6. In effetti io mi aspettavo il rinvio a settembre in francese e
scienze però voti brillanti in storia, filosofia e sopra il 6 almeno in
matematica. Siamo strani noi studenti, anzichè notare il passaggio in prima
battuta, mi diedero fastidio altre cose, però non è così ingiustificato, almeno
così avrei capito e dimostrato di eccellere da qualche parte e invece… Invece
come mi disse il prof Suadi, promozione, gli altri voti al 6, il 7 in storia
perchè il commissario mi aveva difeso, anzi si era risentito della richiesta.
Il mio ego in qualche modo fu
soddisfatto e quando 10/15 anni dopo toccò a me fare il commissario interno
compresi di essere stato trattato con giustizia. E poi, diciamo la verità, io
ero campato di rendita grazie alla ricerca individuale sulla rivoluzione francese e il Robespierre (con il
forte aiuto del Michelet e del meraviglioso prof. Lonza brillante e umano
segretario socialista in Trieste), fondamenta che prima o poi mi avrebbero
riportato sul sentiero giusto dopo la sbornia giovanile repubblichina, ma delle
altre cose, come il Congresso di Vienna, le guerre coloniali e tutte quelle
balordaggini lì io sapevo ben poco. Quello che sapevo, per letture personali sul
fascismo e il suo fondatore non era certo spendibile allora. Per fortuna anche
mia.
E adesso? Adesso un senso di vuoto, di
pavimenti traballanti, un futuro incognito che non trovava aiuto in esperienze
o tradizioni familiari , anzi toccava a me costruire quelle tradizioni,
incombenza poco gradevole che cominciò a far crescere quel fondo anarcoide e
vagamente antisistema che amavo far risalire al misterioso nonno anarchico,
morto nel 1926, e di cui avevo trovato tracce nei quotidiani triestini
dell’epoca.
NB: ho ritrovato sul web il testo e lo sviluppo della prova scritta di MATEMATICA.
Non ci ho capito niente, UN NUOVO GRAZIE alla TITTI e alla sua idea di essersi messe le calze, invece dei soliti calzettoni come usava allora anche a 18/19 anni e dovevano essere splendide ...
Insomma, Ben, le calze di nylon (o a rete che fossero) oltre che simbolo di modernità , sono state salvifiche,nel tuo caso! :D
RispondiElimina(molto diversa la prova di maturità rispetto a quella sostenuta da me. Ma la mia risentiva del movimento della pantera... e del sorpasso alle elezioni))
"a rete" ? roba da cabaret o di quei luoghi per ricchi ancora disponibili all'epoca pre-Merlin in fondo al CONDOTTO, viale xx settembre. Alle ragazze-studenti in classe non erano concesse simili frivolezze.
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