Già, io dall'ottobre 1947 ero in forza al Seminario Arcivescovile di Imola dopo i quasi due anni trascorsi nel collegio-ricovero per orfanelli di Villa San Martino di Lugo di Romagna dove ero arrivato grazie a un intrallazzo fra mia madre, orgogliosa moglie del Milite fascista Bruno Cremonini unico sopravvissuto della MVSN di Ravenna (gli altri, quasi un centinaio, erano spariti in un qualche bosco veneto nel viaggio organizzato dai partigiani di Ravenna che da Bussolengo li avrebbero dovuti portare a casa) e il comandante partigiano della piazza di Ravenna.
A un certo punto della quinta elementare avevo espresso il desiderio di "farmi prete" e così tutto era stato predisposto anche per l'intervento del parroco di San Prospero d'Imola, frazione dove abitavano nonni e zii paterni coltivatori diretti, che aveva garantito delle mie qualità, così da poter essere accolto nel Seminario Diocesano di IMOLA (allora gli allievi, dalla prima media fino alla fine del corso dei teologi quindi un totale 12 anni, erano circa 150). E ci dovevano essere state trattative piuttosto complesse perché, come anni dopo venni a sapere, mia madre aveva sostenuto: MEI MORT CHE PRIT (meglio morto che prete), da testarda laica e fascista e che aveva opinioni molto precise, nonostante la quarta elementare (che però era il massimo di scolarità del posto). Resta il fatto che mi avevano fatto fare tutte le cose in regola, esame d'ammissione alla prima media nella sessione autunnale a LUGO, regolare presentazione del Parroco di San Prospero di Imola (luogo di origine di mia madre e della sua famiglia composta dai nonni Geminiani e i 5 fratelli maschi, una giovanissima sorella, oltre alle relative mogli e figli e il tutto completato dalla tranquillità economica di famiglie di coltivatori diretti con sani principi rispettosi della Chiesa e i necessari annessi e connessi).
L'inserimento fisico era stato tranquillo, nonostante la modesta statura, il peso mini (28 chili vestito e con le scarpe) però con corretta divisa nera fatta di pantaloni lunghi, giacca a doppio petto con tutti i bottoni allacciati fino al collo e collo circondato dal rituale cerchio di celluloide, come un prete fatto e finito. Ma la atmosfera doveva essere carica, dal punto di vista politico, visto che, quando uscivamo per la solita passeggiata a Imola e dintorni, marciavamo ritmando ENGELS-MARX, tutti in fila per due con in testa i più piccoli e meno marziali, cioè io e ilTozzi, zoppo anche lui per i postumi di quella che allora si chiamava paralisi infantile.
Eravamo una bella coppia anche a giocare il calcio, io ovviamente in porta (tanto non c'era la traversa) e il Tozzi terzino per la sua abilità nell'infilare la sua gamba con il piede stortignato che si infilava avvitandosi in mezzo alle gambe avversarie. Quando si arrivò al gennaio-febbraio 1948 notammo alcuni cambiamenti, i filosofi (i tre anni di classico) e i teologi (4 anni para universitari) non erano quasi mai a cena o cenavano in borghese (dopo le tre medie tutti vestivano con la classica tonaca da prete di allora). Uscivano a girare anche per bar e osterie a fare propaganda anticomunista e democristiana.
E fu così che si arrivò ai giorni delle elezioni e a livello nazionale vinsero i bravi e ortodossi cittadini e i KATTIVISSIMI ROSSI & KOMUNISTI furono battuti e la bandiera ritrovò i suoi 3 colori, ma non ovunque. Nelle regioni centrosettentrionali il FRONTE DEMOCRATICO POPOLARE TENNE.
Io, naturalmente non c'ero, i miei ovviamente si. Mio padre, grandicello e benestante, già comprava i giornali e così, io ragazzina una volta mi trovai a leggere di questa epica giornata. Poi con il tempo capii quel la mia età all'epoca non mi aveva permesso... e vidi anche qualche manifesto dell'epoca, uno su tutti: nella cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no ... con tanto di cipiglio staliniano disegnato da far paura. :) Benedetta ingenuità... Certo che però la paura d cadere in mano comunista fu tanta, eh? :))) Oggi? Oggi la gente non vota, e non a quanto prezioso sia il voto
RispondiEliminaC'è comunque da dire che l'Italia d'allora fu fortunata, De Gasperi, Togliatti, De Nicola, Einaudi e gli altri con il materiale umano, impiegatizio, contadino che avevano a disposizione fecero miracoli e la massa non era così miope da affidarsi da subito ai contaballe e anche SANTA MADRE, che pure tanta colpa aveva, fu sapientemente amministrata. Non a caso, appena un po' più ricchi furono mandati in pensione, a cominciare dall'AUSTRIACO DE GASPERI. Io lettore allora de Il Borghese e Candido non mi sentii mai contro, isolato. Prezzolini ed altri non erano mai CONTRO, spesso DIVERSI ma come provenienti dallo stesso impasto. GRAZIE.
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