Conobbi Roma nel 1950, Anno Santo, piccolo seminarista di terza media. Piccolo proprio, tanto che nelle uscite eravamo i primi due della fila, io e il Tozzi, tutti e due magri, piccoli e zoppi per motivi diversi. Io ero il residuo rimasto in Romagna, a Imola, con questa strana voglia di fare il prete (i miei erano ormai emigrati a Trieste, là dove il nonno era arrivato nella soglia fra '800 e '900 e vivevano i fratelli Hugo e Giordano - Bruno era mio padre - la nonna Teresa e sua figlia Eugenia, di evidente origine ausburgica). Tozzi veniva da un qualche paese dell'Appennino fra Cesena e Forlì, almeno mi pare.
Fu un viaggio avventuroso in pullmann, non avevo mai viaggiato su e giù per i monti, noi più piccoli eravamo dietro nell'ultimo sedile unico e nei tornanti ci pareva di stare sospesi sul burrone. Mi sa che per risparmiare una notte dobbiamo esser partiti la sera, allora non c'eran certo autostrade. Facemmo il passo dei Mandrioli, con il rituale momento di sosta per i mal di stomaco
e le rituali necessità fisiologiche svolte in assoluta naturalità ambientale. Quasi assenti luci all'orizzonte, le case rurali montane raramente aveva la luce elettrica più spesso lumi a carburo molto luminosi e vagamenti azzurrini.
Il viaggio fu lunghissimo, era già APRILE, arrivammo nella prima alba in un convento di suore in un grande camerone. Ci rassettammo e, poi, via di corsa verso San Pietro, parcheggio del pullman e di gran carriera per trovare un posto importante, per vedere LUI, il SANTO PADRE PIO XII. E passò proprio a un paio di metri da noi e, siccome ero piccolo e magro ero proprio
sgusciato in prima fila quasi a toccarlo!
Poi naturalmente entrammo in San Pietro e su fino in cima, le mie gambe c'erano ancora tutte e due e la voglia di vedere non trovava intralci. Tornando giù il miracolo della Cappella Sistina e il fascino dei colonnati della piazza, la marea di gente, il correre qua e là sapendo dov'era il pullman per il ritorno al convento che ci ospitava, una qualche merenda e via verso Imola. Vedrò anni dopo le foto di mio padre militare di leva sugli spalti di Castel Gandolfo assieme ai suoi amici con le palle di pietra in mano sorridente e ... fiero.
Poi decisi sfrontatamente di dimettermi per divergenze disciplinari e storie di spioni e a Luglio del 1950 ero a Trieste dai miei.
Roma non fu più nei miei pensieri fino al 1966, quando mi fecero capire che saltava il "mio" concorso per il ruolo alla facoltà di Chimica Industriale di Bologna dopo 4 anni post-laurea ed era proprio l'ultimo giorno per fare domanda per gli esami di abilitazione all'insegnamento. Già perché intanto mi ero sposato nel 1963 e c'era uno scalpitante frugoletto di oltre un anno e bisognava pensare al futuro. Roma quindi diventava una meta possibile come sede d'esame per la cattedra di CHIMICA, e così ebbi di nuovo occasione di arrivarci. L'abilitazione richiedeva una serie d'esami successivi, prima lo scritto, poi i laboratori (per chi era stati idoneo) e, sempre per gli idonei l'orale finale con un voto definitivo non inferiore a 53/75. In questo modo si poteva aspirare all'incarico triennale, come in effetti accadde.
Per inciso allo scritto vi fu una selezione fortissima, dei quasi 250 concorrenti passammo al secondo round in meno di 30, non sono mai riuscito a capire come mai. Molti avevano anche 50 anni, insegnavano da tanto, il tema era, almeno per me, banalissimo e forse giocò a mio favore essere vissuto in un ambiente culturalmente più aggiornato, aver fatto da schiavo d'appoggio nei corsi di laboratorio, avere scritto tesi di laurea per conto terzi (per arrotondare la borsa di studio e pagare affitto, omogeneizzati e le rate della vecchissima 1100 con una stranissima frizione automatica per impediti). Buffa quell'auto, aveva una specie di dispositivo idraulico che azionava la frizione, solo che ogni tanto saliva una bolla d'aria a bloccarne il funzionamento, io scendevo veloce, sollevavo il cofano, sbullonavo un dado, spurgavo l'aria, riattivavo il tutto e, fra il clacson dei bloccati, ripartivo.
Fu così che conobbi l'altra Roma, dove ero andato in treno, trovato una stanza per alcuni giorni dalle parti di piazza Vittorio, non ricordo più dove fosse la sede d'esame, ma ricordo benissimo i rifiuti per le strade, appena sbirciavi sulle laterali camminando a piedi, il traffico già allora disordinato, i parcheggi a cazzo di cane e le telefonate a cui rispondeva il gestore del luogo dove mi ero fermato per lo spuntino serale. Tranquillamente, ad alta voce, si sprecavano i commendatore, dottore, ragioniere etc. che ricevevano rassicurazioni sulle loro pratiche in corso, pratiche di soldi, contratti, relazione di contatti con riferimenti a cariche e nomi a me ignoti, e l'indifferenza dei commensali a questi discorsi evidentemente abituali, compresi i riferimenti ai saldi economici "tranquillo, dot rag cav, come sempre, non si preoccupi, a risultato raggiunto".
E' evidente che ero io l'ingenuo, in fondo stavo vivendo a Bologna qualcosa di simile per una COOP bianca che costruiva e le trattative in corso con il Comune di Bologna. Lo Stato non finanziava l'edilizia economica a BO, e BO non rilasciava le licenze di costruzione alle COOP bianche o rosa, comunque non rosse... Poi tutto dopo qualche anno si sbloccò e anch'io potevo aspirare a diventare PADRONE, dopo il mutuo, la cessione del quinto, le cambiali firmate sulla fiducia tanto alla peggio non ce l'avrei fatta e tornavo in affitto. E poi ce la feci e per fortuna lasciai tutto alla madre dei miei, e suoi, figli e furono salve quelle belle stanze dalle inadempienze e follie del sottoscritto.
E questa immagine fu riconfermata in altre occasioni, come l'incontro fra il mio capo (che si occupava di forniture ospedaliere settore bagni fotografici RX e mio secondo o terzo lavoro) e rispettabili signori siciliani (non mafiosi) boss del settore fotografico di casa loro. E fu proprio in Trastevere che riuscimmo a concludere un patto di non belligeranza commerciale con garanzia fra bolognesi e siciliani. Lo devo aver raccontato ancora, fra i commensali Burt Lancaster in tenuta jeans e camicia e la Paola Borboni con l'amore del momento...
Poi da chimico fui più volte interpellato per incontrare supposti diplomatici interessati a trattative per aziende e avventure commerciali con vantate amicizie e la presenza di rottami della politica fornitori di preferenze. Non ne uscì mai nulla di buono, mi stancai, magari deluso, però tutti questi avevano uffici in centro, vantavano amicizie, davano l'impressione iniziale di tranquillità economica. Forse sono stato sfortunato nelle frequentazioni, come per caso tutti avevano una tendenza politica piuttosto destrorsa e non berlusconiana ma dai discorsi fra loro tutto era normale attività economica e possibilità di intervenire in modo efficace.
CONCLUDENDO? grazie NO...
Altra bellissima pagina di storia personale e Storia :)
RispondiEliminameno male che non mi hai conosciuto dal vero e non sai quanto sono bugiardo e insopportabile, :).
RispondiEliminaGrazie, comunque, sono un VECCHIO VANITOSO...
Noi vecchietti si è tutti vanitosi ^_^ è l'età
RispondiEliminaALMENO sulla VECCHIEZZA richiedo la ESCLUSIVA. PUNTO ...
EliminaCIAO :)
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