venerdì 4 aprile 2014

15 agosto 1936. XV EF BRUNO e VALDA sposi.

E si comincia con la presentazione della SPOSA.

Valda, come le pastiglie, anni 24. classe 1912. 

(Anni calienti quelli attorno alla prima decade del secolo, specie in Romagna. Repubblicani, socialisti, anarchici son tutti rimescolati. Si distinguono due  fra gli altri: Pietro Nenni, repubblicano, Benito Mussolini, socialista. Proprio nel 1912 finiscono in galera per avere bloccato un treno di militari destinati alla Libia). 

In questa parte di Romagna però ormai tutto si era calmato, la famiglia Geminiani aveva raggiunto onesti obiettivi, da mezzadri a coltivatori diretti, 120 tornature imolesi di proprietà, quasi 25 ettari ben condotti dai cinque maschi (1902-1911) nell'ordine Arcangelo, Primo, Domenico, Ernesto, Lino e poi i genitori, molto in gamba, IUSFINA (Giuseppina) e FITA (Giuseppe) che con gli anni diventerà FITONA (a occuparsi degli affari capita di aumentare di pancia).

Ma basta con i preliminari. La Valda è la prima femmina viva (una era morta con la SPAGNOLA e la sorella Carolina è del 1923, uno dei casi che capitano quando non te lo aspetti più) e anche piuttosto viziata (tenuto conto dell'epoca) e anche piuttosto in "CONFUSIONE" sul come si deve crescere tanto che si era persino innamorata di un socialista e che faceva pure il ferroviere, sì proprio uno di quelli senza podere e che abitava nel borgo, sempre lì, a San Prospero di IMOLA. Ma quella "FANTASIA" ormai era acqua passata (?), gliela avevano fatta passare, più con le cinghiate che con le parole. Ci aveva pensato lo zio, quello "zione" (scapolone, ma non cacciatore, ci siamo capiti), e LEI alla fine aveva capitolato (il MODO giusto raggiunge sempre gli obiettivi che ci si propone).

In fondo il futuro sposo, ripeteva on le giovani cognate, era un ottimo uomo, della giusta età, allevato dagli zii in una casa confinante, e lo conosce da sempre. Così paziente... e poi sarebbero andati a stare a Ravenna, abbastanza lontano dai ricordi, quei ricordi che rispuntavano anche quella mattina guardando il GIARDINO davanti a casa. Giardino? Molto orto, però anche dei fiori, qualche bel garofano colorato e delle piante grasse e un enorme rosmarino e anche un paio di rose, cresciuti dentro alle vecchie secchie zincate ormai più utilizzabili. 

Com'eran belli quei fiori e quegli odori, specie d'estate e che malinconia andarsene via!

Ma ormai bisogna vestirsi, FITONA sta già preparando il biroccino, IUSFINA è giù da un pezzo che lavora con l'aiuto delle nuore e presto prenderanno tutte la bicicletta per arrivare alla Parrocchiale in tempo per le 11. Gli UOMINI son già "a la boutega" unico locale, quasi mini market, osteria e tutto quel che si vuole, purché si sappia aspettare anche qualche giorno, o dal barbiere come tutte le domeniche mattina. In Chiesa le donne saranno tutte sul lato sinistro (sotto il pulpito) con i bambini più piccoli, maniche e sottane lunghe, fazzolettone sui capelli. Sul lato destro gli uomini, quelli che frequentano assiduamente, in fondo gli altri uomini, in piedi e spesso un po' dentro e un po' fuori. C'è sempre qualcosa da dire, da commentare, da comprare, da vendere.

E adesso la presentazione dello SPOSO.

 LUI, BRUNO, classe 1907, nato a Trieste. Suo padre, Augusto, era stato un po' particolare, buon uomo estroso, anarcoide, era scappato dalle Romagne dell'imolese a Trieste attorno al 1900, la madre, Teresa, una di Lubiana, gran lavoratrice e molto paziente. 

Nel 1914 eran venuti via da Trieste, padre, madre i tre figli maschi e la figlia della Teresa, per evitare l'internamento. La zia Maria, sorella del babbo, e il di lei  marito li avevano ospitati a casa loro, a San Prospero di Imola in una villa proprio adiacente al podere dove già viveva la Valda. E così tutti, proprio tutti, rimangono ospiti fino al  1918 quando  i profughi tornano a Trieste, e il solo Bruno, il primogenito, era rimasto a San Prospero, quasi adottato dalla zia MARIA, levatrice, senza figli, e da suo marito, ottimo uomo per quell'epoca, impiegato di banca fra Imola e Bologna. 

E così Bruno era cresciuto in salute e sapienza, aveva fatto anche le prime due classi sopra le elementari ed era molto dotato ad esempio per fare il sarto ma avrebbe dovuto andare a Bologna a rifinirsi. Il marito della zia  lo preferiva a casa, era sempre utile e poi così si sarebbe dato da fare con il FASCIO locale, specie con i ragazzi (me lo raccontò molti anni dopo a un funerale uno dei "ragazzi" di allora "ma vo' a siv e fiol ed Bruno?" sì io sono il figlio di Bruno). E Bruno con quei ragazzi ci sapeva fare, li organizzava, li portava in gita, magari a Predappio, e poi il calcio e la caccia... E ogni tanto il casino, siamo uomini, s'era preso anche un ricordino, ma di quelli normali...).

E comunque il Bruno adesso aveva raggiunto il suo obiettivo, finalmente quella Valda così indisponente, ma per lui così diversa da tutte le altre, lo sposava e lui aveva anche un lavoro, infatti grazie al partito e al marito della zia aveva l'avevano accettato nella MVSN e gli avevano trovato persino casa. (La paga era di 360 lire al mese e 120 lire era l'affitto per un quasi bilocale con cesso individuale nelle case popolari all'estrema periferia di Ravenna).

E adesso la CONCLUSIONE.

Ma ormai sono quasi le 11, Bruno è già in Chiesa con in tasca il necessario, l'ANELLO, quel pegno eterno di fronte agli uomini e alla Chiesa e che sarà benedetto da DIO per sempre, naturalmente con l'organo a suonare il classico MENDELSSOHN e che, come ogni tanto ricordava mia madre, era in perfetta sintonia con quel che mentalmente canticchiava


s'avenza mel, s'avenza mel 

che tradotto in lingua significa sia "si avanza pian piano" ma anche "si rimane molto male"

PS: in quel matrimonio c'ero anch'io, un po' nascosto, e mi feci vedere da tutti solo un po'meno di quattro mesi dopo, il 3 dicembre dello stesso anno, con qualcosa di incompleto o non del tutto di prima classe, ma senza quei due non sarei qui a raccontare e a rompere le scatole né ad avere ricordi. In fondo se fossi vissuto in un'epoca o in modo più fortunato tutto sarebbe stato quasi certamente molto più insipido né mi pare che i figli e i nipoti del benessere possano vantare qualcosa di migliore, visto che molti ancor oggi sperano che gli venga tutto regalato e non si rendono conto che il miglior regalo l'han già ricevuto e si chiama


VITA

Questo post fa parte di un gioco di scrittura tra blogger su parole scelte a turno dai partecipanti. Parole e partecipanti li potete trovare sul blog "Verba Ludica", al link:   http://carbonaridellaparola.blogspot.it/ 

11 commenti:

  1. Commosso, colpito ed affondato. Davvero bello Kreben.

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    1. grazie... é la storia di molti, sol che avessero la voglia e l'occasione di raccontare. Ormai nell'evo mobile è un continuo passaggio, non solo tecnologico e i tempi biologici sono millenari...

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  2. Non ho ancora capito se tu sia un insegnante di lettere ... storico .. o qualsiasi altra eccellenza, sta di fatto che a leggere i tuoi ricordi rimane facile intercettare le intersezioni tra il "microclima" e il "macroclima" dell'epoca alla quale si fa riferimento. Ed è una fortuna che si accompagna, per l'appunto, ad una lezione di Vita. Grazie.
    Cordialmente - Raymond

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  3. nelle campagne della mia infanzia nelle notte invernale ci si ritrovava la sera nella stalla, riscaldata dal fiato dei ruminanti bovini e spesso arrivava il RACCONTATORE, con la sua ZIRUDELA. Quasi una cantilena sognante che passava dall'ultima vicenda di villaggio a fatti lontani e poi tornava e si riallontanava seguendo un qualche logico accoppiamento, senza comparti, senza elisioni, tutto di seguito come la vita. Nella grande cucina da 20 posti tavola (mia nonna e la nuora di turno con i bambini attorno al tagliere) c'era una monumentale RADIO alta oltre un metro e mentre ascoltavamo i discorsi del DUCE magari inserivano commenti tratti dall'ultimo mercato di Imola, così che gli ALALA' e il prezzo del grano erano inscindibili fra loro.

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  4. dimenticavo, né storico né letterario, banalmente chimico. LETTORE, neppure specializzato...

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  5. Mi ero persa questo post, Ben.... chiedo perdono in ginocchio sui ceci (messi in ammollo!)
    Era questo il vero post... addirittura due!! Qui strafacciamo, eh!!
    Vedo che Simone (Raymonnd) è del mio stesso parere sulle tue capacità di storico :) ... uno storico dilettante che racconta con ironia e leggerezza. Gli studenti ti amerebbero se tu scrivessi i loro libri di storia :)))

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    1. povero vecchio qual sono! scoprire solo adesso quale sarebbe stato il mio destino, sol che l'avessi saputo. In fondo lo dovevo capire, alla maturità mi aspettavo due materie a "ottobre" e invece mi promossero con tutti 6 e in STORIA E FILOSOFIA (scientifico) 7. E me lo ricordo bene, il giovanissimo commissario giocando sul fatto che mi chiamavo Benito alla fine mi chiese: ma se avessero vinto i tedeschi quale fine per Trieste? E io risposi, se la sarebbero presa, unico loro sbocco sul Mediterraneo. Così si alzò mi accompagnò alla porta e mi diede la mano. E io ero tutto contento, vista la brutta figura in francese (voleva tre frasi senza errore, e io ne scrissi 12) e, se ricordo bene, in scienze con tutti quegli ossicini e simili.
      NB: la versione tutti 6 etc era dell'interno tutto soddisfatto dell'aiuto datomi e il prof SUADI ci rimase molto male nel notare la mia perplessità... E gazie, i miei antenati raccontatori analfabeti ringraziano :)

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    2. a proposito dei ceci, mia madre usava le semenze (chiodini da calzolaio dalla punta brevissima e testa larga) se ero stato MOLTO KATTIVO, o i granelli di granturco (mais) se ero KATTIVO MEDIO. Le sberle per il KATTIVO NORMALE. Con mio fratello molto meno, glielo impedivo io.

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    3. a me per fortuna non è mai toccata questa tortura... i chiodi poi! Mizzica mi sa che tua mamma era peggio di mia nonna (che era terribile in quanto a punizione... avrebbe brillato come componente dell'Inquisizione :)))) )
      Va beh non è mai troppo tardi per cominciare una nuova carriera, Ben.... ricordi cosa diceva Jim Morrison? progetta la tua vita come se fosse eterna, vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno :)))

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  6. così finalmente ho saputo da chi deriva quel detto che mi ripetevo ogni volta che PIOVEVA: vivi come se domani fosse l'ultimo o il primo di una lunga serie. Ce n'è anche un altro che suggeriva di spalmarsi la pelle di un bello strato di grasso (dalle mie parti il maiale la vince sull'olivo) così anche se piove non importa, mica ti bagni. Però quest'ultimo mi sembrava troppo passivo e menefreghista. Grazie e ... a presto (spero).

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  7. Che bello! E che tempi! Erano tutti molto più poveri e con poche comodità, ma credo fossero più felici e le famiglie più unite.

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