Qualche giorno fa ero tornato in un piccolo uliveto acquistato in un momento di follia e di nostalgia. A qualche decina di chilometri di Cagliari, un paese chiamato SOLEMINIS, dove la strada finisce per arenarsi su e giù per quei ripidi colli tipici della Sardegna. E' tutto un succedersi di vigne e di uliveti con qualche piccola radura o di terra lasciata a pascolo e dove è più facile trovare a pascolare somarelli che pecore ed agnelli.
L'avevo vista in un annuncio e mi ero incuriosito ed ero rimasto subito colpito ed affondato nella battaglia navale della memoria. Nonostante la diversità di luogo, latitudine, tipologia e via diversificando avevo rivisto il podere dei nonni materni e della tribù GEMINIANI. Certo gli ulivi non erano i Gelsi, i "moor" della Romagna dal colore del loro frutto, ma quelle decine di grandi ulivi ordinati e però non uniformi per età e ricchezza di fronde (e scoprii anche di resa) mi ricordavano i filari di viti che correvano di lato ai singoli appezzamenti tenuti a SPAGNA, invece che a GRANO, CANAPA o BIETOLA.
Qui i Gelsi sono ancora giovani e, soprattutto, sono sistemati più a sostegno dei filari di vite mentre allora il Gelso era più importante dell'uva perché le foglie erano la pappa dei BACHI DA SETA.
Chissà se qualcuno ricorda che fin dal secolo XIX l'Italia, assieme a Cina e Giappone era tra i leaders mondiali della produzione della seta e Bologna era la capitale della lavorazione e della tessitura. E ancor più combinazione delle combinazioni proprio l'Istituto Tecnico (allora Comunale) in cui ho insegnato un po' tutte le Chimiche delle varie specializzazioni (da quella per gli edili, e poi gli elettronici e i grafici e etc.) fu voluto proprio dalle corporazioni degli artigiani che lavoravano la seta in modo da formare chi avrebbe lavorato con loro, fondando prima una CATTEDRA di MECCANICA e subito dopo qualche anno la CATTEDRA di CHIMICA perché la seta non andava solo tessuta ma anche tinta. Ma questa è un'altra storia con implicazioni culturali, eonomiche, sociali ed etcetera i cui effetti positivi si sentono ancor adesso.
Ma tornando a quel bimbo che all'inizio degli anni '40 del secolo scorso camminava in quei campi c'era, nei ricordi, una tale sensazione di libertà, di vastità, di spazio e di luce che probabilmente solo il rapporto fra il nemmeno suo metro d'altezza e la vastità relativa degli spazi attorno giustificavano. Ed è ancora ben vivo il ricordo dei due miei zii che s'arrampicavano a pelare i Gelsi portando poi sul carro i sacchi di canapa pieni di foglie che finivano in un particolare magazzino in fondo all'aia dove i bachi crescevano in salute e prestanza fino al momento della consegna a chi provvedeva alle successive lavorazioni. Del resto mai notato che zie, cugine e la stessa mia madre avessero mai indossato capi di seta o anche solo fazzoletti.
Roba simile arrivò anni dopo la fine della guerra ultima europea e mondiale e si chiamò NYLON (Now You Lose Old Nippon :) ) anche se, senza saperlo, l'avevano già visto durante la guerra e pure usato visto che con i paracadute che sostenevano i bengala illuminanti le zone da bombardare si ottenevano delle belle camicette e simili con un materiale che assomigliava ma che seta non era.
Chissà se qualcuno ricorda che fin dal secolo XIX l'Italia, assieme a Cina e Giappone era tra i leaders mondiali della produzione della seta e Bologna era la capitale della lavorazione e della tessitura. E ancor più combinazione delle combinazioni proprio l'Istituto Tecnico (allora Comunale) in cui ho insegnato un po' tutte le Chimiche delle varie specializzazioni (da quella per gli edili, e poi gli elettronici e i grafici e etc.) fu voluto proprio dalle corporazioni degli artigiani che lavoravano la seta in modo da formare chi avrebbe lavorato con loro, fondando prima una CATTEDRA di MECCANICA e subito dopo qualche anno la CATTEDRA di CHIMICA perché la seta non andava solo tessuta ma anche tinta. Ma questa è un'altra storia con implicazioni culturali, eonomiche, sociali ed etcetera i cui effetti positivi si sentono ancor adesso.
Ma tornando a quel bimbo che all'inizio degli anni '40 del secolo scorso camminava in quei campi c'era, nei ricordi, una tale sensazione di libertà, di vastità, di spazio e di luce che probabilmente solo il rapporto fra il nemmeno suo metro d'altezza e la vastità relativa degli spazi attorno giustificavano. Ed è ancora ben vivo il ricordo dei due miei zii che s'arrampicavano a pelare i Gelsi portando poi sul carro i sacchi di canapa pieni di foglie che finivano in un particolare magazzino in fondo all'aia dove i bachi crescevano in salute e prestanza fino al momento della consegna a chi provvedeva alle successive lavorazioni. Del resto mai notato che zie, cugine e la stessa mia madre avessero mai indossato capi di seta o anche solo fazzoletti.
Roba simile arrivò anni dopo la fine della guerra ultima europea e mondiale e si chiamò NYLON (Now You Lose Old Nippon :) ) anche se, senza saperlo, l'avevano già visto durante la guerra e pure usato visto che con i paracadute che sostenevano i bengala illuminanti le zone da bombardare si ottenevano delle belle camicette e simili con un materiale che assomigliava ma che seta non era.
Sono passato per farti gli auguri e trovo questa storia "nascosta" della seta e scopro che Nylon è un acronimo e che Bologna era la capitale della tessitura ecc ecc. Tra l'altro "Seta" è il libro di Baricco che mi piace di più.
RispondiEliminaComunque Auguri e serenità Kreb.
Al3ph
come sai meglio di me, la vita è sorpresa, persino quando inciampi, cadi e ti sbucci il naso. Qualcuno si ricorda d'avere un naso sempre e non solo quando "odora"? Ricambio con piacere.
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