sabato 5 maggio 2018

Storia di un Chimico sub-normale 1.5 verso la maturità.


Mentre li vivi gli anni sembrano lenti, anche se all' epoca erano ancora in vigore i trimestri e si cominciava ad ottobre finendo a giugno e l' estate, quella sì, era una stagione di sole e di mare. Nel mio caso un po' meno perché nell' estate c'era la transumanza e madre e figli andavano in campagna in casa CIARAVAL, fondo CARANTA, S. Prospero di Imola, via Lughese 35. Giusto alla curva che svoltava a sinistra, verso Mordano. A destra, lo stesso incrocio, portava al centro con una  imponente chiesa parrocchiale copia, più in piccolo, della Cattedrale imolese a sottolineare l' importanza del luogo un tempo feudo dei conti Manzoni, gli antichi padroni di nonno Giuseppe detto FITA e pro-zio Giovanni (scapolo) detto Giano', quei conti senza nipoti e senza più averi e ormai defunti con, nel ricordo degli ex-mezzadri, il regno della "pastora" ultima moglie ed erede della dinastia.

Dicono le leggende che alcuni dei "mezzadri" nella loro gioventù gagliarda avessero goduto di avvincenti colloqui con la contessa, del resto pare che fosse un genere di ricreazione diffusa a vari livelli. Dicevano, ad esempio, che mia nonna talvolta ispezionasse la campagna attorno casa in controlli attenti alle distrazioni del FITA con qualcuna delle lavoranti, ma ormai ai miei tempi  era diventato FITONA per l'ampia dimensione assunta dalla sua sagoma . A volte capitava che il nonno mi caricasse assieme a lui sul biroccino e andassimo a Imola nei giorni di mercato... un po' più di 6 km, quasi un' ora di viaggio paziente con le cavalle bolse di mio nonno.

Con le ginocchia coperte, estate e inverno con quel che oggi si chiamerebbe plaid, poteva capitare di sentirmi veramente una nullità quando un qualche pari di mio nonno ci superava in un rettilineo sulla Lughese  e con quei puledrini tutto muscoli e con in più quel tipo di calesse basso e steso neanche fossimo all' ippodromo. E poi l' arrivo a Imola, allo stallatico, con la cavalla che prima ancora di essere distaccata  dai finimenti si liberava di qualche metro cubo di liquido... Poi Fitona andava alla "piazzetta degli uomini", quasi sotto la torre dell' orologio nel centro di Imola ed erano tutti lì, uno addosso all' altro con la "caparèla" (un mantello avvolgente tipico) e il cappello a tesa larga a coprire quelle tonde capocchie calve, a parlare fitto di come andava il prezzo del grano, del latte, dei vitelli e maiali e polli e delle maldicenze economiche e non solo a carico degli altri colleghi.

Io intanto andavo in giro per commissioni ordinate da mia madre, dalle sue cognate e, a volte, delle cuginette molto più giovani che prendevano molto sul serio il Benito che abitava in città e  andava al Liceo... 

E, come sempre, mi sono distratto da quel che volevo raccontare ed è inevitabile, gli spazi, i contatti con un modo diretto e semplice, l'essere in qualche modo importante agli occhi degli altri anche adulti era ed è un tonico fondamentale specie se lo raffronto con il mio essere invece molto sotto quello standard tipico in una grande città e in quel particolare sistema chiuso di una classe del liceo pur "democraticissima" nel fare e nell'essere...

Riprenderemo il discorso, perché presto arriveranno momenti molto caldi in quel micromondo che, non va dimenticato, era sotto amministrazione anglo-americana (+ anglo e con tutta l'aridità prevalente inglese) e con il sentimento diffuso contro gli "sciavi" (termine storico di derivazione della "serenissima", senza significati necessariamente spregiativi) che OCCUPAVANO quell' Istria così vicina e così veneta, che però, e va detto, con Trieste  c' entrava per niente né in senso economico, né in senso culturale e lo si avvertiva subito proprio dal dialetto, così formalmente uguale ma così diverso nell' orecchio.

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