sabato 14 aprile 2018

MIO PADRE... ricordi di GUERRA...2. Da Casalbuttano a Bussolengo...

Quella bottega da barbiere non in esercizio, con gli occhi di oggi, potrebbe essere considerata, come una specie di monolocale dotata com'era di tutti gli accorgimenti necessari per viverci, a cominciare da quel grande lettone più che sufficiente a  contenere  mamma Valda (e ricordo la sua eterna aggiunta, come le pastiglie) e i suoi due figlioli, Italo di appena 4 anni e il sottoscritto, Benito, che non arrivava ancora a raggiungere gli 8 e doveva aspettare il 3 dicembre di quel 1943.
A ripensarlo adesso era forse la prima volta che vivevamo tutti nello stesso ambiente perché, per tutta una serie di coincidenze, e anche quando entrambi noi figlioli eravamo a San Prospero di Imola,  vivevamo in case diverse. Già perché da quando era cominciata la guerra, e mio padre era partito per il fronte russo, noi bimbi eravamo stati spostati da Ravenna alla casa originaria di mia madre, quella casa di SAN PROSPERO, in via Lughese 35, dove all' inizio del 1900 erano arrivati sposi novelli la mia nonna Golinelli Giuseppina, detta IUSFINA, e nonno FITA, che all' anagrafe significava Giuseppe Geminiani. Una famiglia di mezzadri al servizio del CONTE MANZONI che in zona era ancora proprietario di un po' di poderi prima di vendere anche quello  e proprio ai miei  nonni dopo la fine della guerra, verso il 1926. In quelle zone vitali anche i ruoli sociali erano in movimento e la guerra, quella del 1915-18, indirettamente era stata promotrice di novità che vedremo fra un po'
All' anagrafe la famiglia s'era arricchita di altri arrivi, a cominciare dall' Arcangelo (detto CANXI) nel1902, nemmeno 2 anni dopo arriva PRIMO e poi MINGHI' (all' anagrafe Domenico), poi Ernesto e Lino (chiamati così, erano nomi insoliti) e siamo già al 1910. Finalmente arriva una femmina, che morirà con la "spagnola", e poi a fine 1912 la VALDA. Intanto qualcosa era cambiato, nonostante mio nonno e i suoi fratelli più giovani ZVANO' (Giovanni) e Pietro anziché al fronte fossero stati mandati nelle fabbriche di Genova e dintorni nelle fabbriche di armi, la gestione del podere in mano a IUSFINA e l' aggiunta di un paio di "garzoni" avevano consentito un notevole miglioramento economico. Ricordo una battuta tratta dai rari racconti di mia nonna che ricordava il suo sistema di gestione casalinga, c'erano sacchi di castagne (i MARRONI) e di noci a disposizione dei ragazzini che così a tavola non arrivavano affamati, tutti alimenti che accompagnati dal buon pane casalingo soddisfacevano l' appetito, mentre polli, anitre e altre simile cose trovavano così disponibilità per la vendita nei mercati settimanali di Imola città.
Finita la guerra continuò lo sviluppo e i bravi e attivi romagnoli accumularono il necessario per acquistare i poderi dai NOBILI PADRONI, si formò così una nuova categoria di padroni in casa propria. Fosse anche influenza del nuovo status politico? Certo molte proprietà latifondiste tipiche del passato "vaticano" sparirono e nelle province romagnole trovò largo spazio la proprietà diretta accompagnata dalla ghettizzazione dei salariati. Nell' Emilia più a Nord non fu così, rimasero le grandi aziende.
Ma torniamo al Benito e Italo, io ero affidato alla zia Carolina, giovanissima sorella di mia madre, nella casa principale detta CARANTA di Via Lughese, Italo invece era nell' altro podere a qualche chilometro di distanza e circondato da una grande ansa del fiume Santerno. Lì c'erano i due miei zii più grandi, Canxi e Primo, con mogli e figli più grandi e ben lieti di avere in aggiunta l' ultimo cucciolo dei Cremonini, anche per una abbondante apporto di altre "femmine", visto che in aggiunta a FINA (Giuseppina anche lei, moglie di Primo) e Bianchina (moglie di Canxi), c'erano Lina e Graziella nate prima dell' atteso maschio (GIGI' cioè Luigi), tutti e tre figli di Primo e Fina, mentre Bianchina  e marito c'erano riusciti al primo colpo.
Ma torniamo ai due fratellini che forse per la prima volta stavamo tutti e due nel lettone coccolati da mamma Valda senza problemi di orari e impegni se non quelli ovvi del vivere, visto che allora non occorrevano tanti accessori igienici o di attrezzature. Fu comunque un problema per poco più di una settimana, giusto il tempo che mio padre arrivasse con un cavallo e un biroccino tanto da caricare tutti con i relativi bagagli e via verso Bussolengo dove ci aspettava un quasi appartamento nel centro sulla via principale che porta alla Chiesa.
Mi viene anche in mente un fatto inconsueto, nel prato retrostante c'era un ampio prato con grandi alberi e c'era anche una quasi mia coetanea, mese più mese meno, che si arrampicava su per il tronco e sui rami. Lei era evidentemente di casa e ben allenata e i bimbi e le bimbe piccole non è che avessero particolari problemi di frequentazioni reciproche e, mentre quella amichetta si arrampicava, mi capitò di guardare in alto (allora non è che ci fossero particolari attenzioni al vestire dei bimbi) e mi accorsi che sotto a quel grembiulino e mutandine lente c'era qualcosa di diverso...
Ma torniamo al viaggio, a metà mattinata finalmente babbo BRUNO arrivò con un biroccino trainato da uno scalpitante cavallo e il caricamento fu veloce, c'erano un po' più di cento chilometri per arrivare a Bussolengo il ché significava molte  ore di viaggio. Viaggio  fantastico specie con gli occhi di uno che praticamente era sempre vissuto in pianura e fu ancora più grande la meraviglia quando cominciammo a bordeggiare il lago di Garda, per non parlare del riattraversamento del PO, senza per fortuna i batticuore del viaggio in corriera Ravenna-Bologna-Casalbuttano della partenza ormai rimasta al passato.
Poi, dopo quasi 10 ore,  finalmente, l’arrivo a Bussolengo. E mio padre fu per la prima volta oggetto di grande interesse da parte mia, in fondo io e LUI eravamo già GRANDI!


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