mercoledì 18 aprile 2018

STORIA di un chimico sub-normale 1-3. Allora si fa sul serio!

Ormai ero convinto anch' io, anche se dopo che era stato scoperto il mio auto-licenziamento" dal Seminario di Imola mi ero chiuso nel mio atteggiamento di rifiuto anche verso una qualsiasi decisione di natura scolastica. Del resto avendo già superato la scuola media inferiore le alternative erano, scartato l' avvio al lavoro in prima battuta, fra i licei e gli Istituti Tecnici, ricordo che allora, 1950, non erano certo tempi di scuola media "unica" e, infatti, quando si trattò di mio fratello di quattro anni più giovane classe 1940, dopo la scuola elementare la soluzione era scontata: l' avviamento professionale perché poi ci sarebbe stato il LAVORO, appena possibile o trovabile, naturalmente con il mansionario minimo. Anzi, in molte parti d' Italia, nelle classi popolari molti erano gli scolari ripetenti e che finivano le elementari a 12 anni e quello era un limite tacito per la scolarizzazione obbligatoria. 

Non dimentichiamo che siamo nel 1950, io andavo alle "SUPERIORI" dopo la media inferiore, quella con il latino alla quale ero arrivato attraverso uno specifico esame dopo la  Va elementare, mentre per gli altri (e mio fratello era "altro")  c'era l' opzione di un corso triennale appunto "professionale" da cui si usciva come APPRENDISTA, categoria OPERAIA. Volendo non c'era nessun "obbligo" scolastico finite le elementari o, meglio, era previsto un obbligo scolastico fino al compimento dei 12 anni (spostato a 14 anni con la Costituzione del 1948) ma per i ceti "inferiori" e le zone rurali e simili fioccavano le bocciature e spesso era già molto se si fossero completate le 5 classi elementari.

Per il mondo di oggi sembra sentire parlare di qualcosa di inimmaginabile eppure per le generazioni come la mia era già molto il reale compimento della scuola dell' OBBLIGO, Naturalmente mi riferisco alle CLASSI INFERIORI... 

Ma torniamo al Benito pronto per affrontare il LICEO e quindi bisognava pensare al vestire, e qui vennero opportuni i vestiti dei cugini imolesi Livio e Gigì che avendo 4 anni in più erano già praticamente dei giovanotti fatti e finiti  e presto gli avrebbero comprato anche la moto un Gilera 150,  all' epoca il non plus ultra dell' avventurosità.

Il riferimento ai miei cugini imolesi suggerisce di soffermarmi un attimo su un aspetto molto specifico, quello cioè della organizzazione interna di una famiglia contadina non solo proprietaria diretta ma che valeva anche se riferita a quella a mezzadria (in questo caso il primo 50% del reddito spettava al proprietario, salvo quanto in qualche modo sottratto alla realtà da un mezzadro intelligentemente "onesto"). Prendo ad esempio l' ordinamento contadino vigente in casa CIARAVAL (il soprannome della tribù dei Geminiani discendenti da Fita e Iusfina), c'erano delle regole economiche molto precise: preso il reddito annuo complessivo, il primo 50 % era la quota "del padrone" e comprendeva nonno Geminiani, suo fratello Gianò  e i  figli maschi maggiorenne, l' altro 50% era suddiviso fra quanti partecipavano al lavoro e quindi di nuovo i primi 7 appena indicati, più i nipoti "maschi" con 18 anni compiuti e gli eventuali "garzoni", aggregati cioè alla famiglia proprietaria. Interessante questa categoria, di solito si trattava di ragazzi di oltre 10 anni provenienti dalle zone collinari che venivano affidati dai loro genitori ai contadini di pianura. In questo modo si garantiva loro un tenore di vita "decente" e le famiglie d'origine sopravvivevano meglio. 

E le "femmine"? Le femmine, cioè le mogli dei miei 5 zii, dovevano accudire la intera tribù sotto il governo di mia nonna Iusfina (Giuseppina Golinelli), con turni settimanali dal lunedì alla domenica e durante il turno dovevano provvedere alla preparazione dei pasti e servizi collegati, oltre ovviamente alla pulizia ordinaria dei locali comuni, tutte poi dovevano provvedere in autonomia assoluta a quanto necessario per la loro singola famiglia. A loro spettavano i ricavi del commercio extra, come prodotti dell' orto, dell' allevamento di pollame e simili (come i piccioni) e/o dei conigli, che venivano venduti al mercato di Imola e i ricavi venivano poi redistribuiti fra tutte le femmine in età superiore ai 18. C'erano poi dei compensi sempre per le "femmine" per lavori interni, come la cardatura della canapa, lavori di sartoria e laneria, il rifacimento dei materassi di crine e tutte quelle specificità non strettamente agricole che venivano discussi fra le singole femmine interessate. Naturalmente quando necessario DOVEVANO collaborare alla pari come nella raccolta delle frutta, la pulizia da erbe infestanti, la sarchiatura e simili.

Ma torniamo al Benito, pronto con la sua giacca e cravatta (quella con il nodo già pronto e sostenuta con un elastico da nascondere sotto il collo della camicia), le scarpe nuove e i pantaloni lunghi che così coprivano anche le origini del suo zoppicare. Il liceo Oberdan non era poi così lontano dalla via Parini, usciti dal portone c'era proprio di fronte l' inizio di via Antonio Caccia e poi in fondo Largo Barriera da attraversare e quindi affrontare la salitella su in alto sopra le due gallerie (nei ricordi quando soffiava la "bora", ed era giornata di disegno, la tavola che ci portavamo dietro faceva da vela e piccolino qual ero rischiavo di farmi portar via) poi finalmente quei meravigliosi giardinetti superati i quali, e di nuovo finalmente, via Paiolo Veronese e quel liceo Oberdan così desiderato ma anche così temuto.

NB: precedenti



2 commenti:

  1. Ma quanti capitoli sono in tutto? Attendo impaziente

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  2. SE calcoli che ho 82 anni... Ne ho di storie, fra qualche decennio pure una galera con dopo 6 anni le scuse dello Stato... :). Magari arriva prima il momento dei fiori... GRAZIE, cercherò di accelerare, magari con dei VA e TORNA. Molto era già su SPLINDER, poca roba e ho perso i post. :) :)) :)))

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