Lo debbo dire, improvvisamente, incredibilmente e involontariamente e forse per la prima volta da quando poco più che ragazzino andavo per strade e piazze di Trieste a invocare ITALIA mi sono commosso.
Nel conforto del Teatro Massimo di Cagliari seduto sulla poltrona di platea (rossa, arancione? non ricordo) subito sotto le telecamere (a proposito, credo andassero a parole, durante tutto il discorso è stato un continuo parlare quasi a coprire le parole che arrivavano dal palco) é arrivato il quasi OMONE BERSANI strattonato e quasi trasportato dai suoi, la spalla sinistra alta, la destra quasi sotto l'ascella di chi gli sta a fianco. A quel punto è stato una specie di flash, ultima speranza, addosso a lui quante responsabilità e quanti desideri con un magone, fino alle ridicole lacrime, mai provato in una riunione politica.
Non credo fosse merito del PIERLUIGI, anche se le parole ascoltate erano VERE, senza vasellina o enfatizzazioni pro o contro, a parte la promessa che non dipenderemo né da MERCATI né da TABERNACOLI (applauso vivo al TABERNACOLI). E' stato, a mio vedere, come il dire a me stesso senza velature che la posta stavolta è alta per tutti noi italiani e io e i miei coetanei siamo quelli che rischiamo meno, ma gli altri no, hanno una vita davanti. Per la mia generazione alla peggio andrà sempre meglio di quando siamo nati (di speranze ne abbiamo avute a vagonate e in molta parte arrivate) per tutti gli altri si rischia di bruciare la fiducia nel poi.
Fiducia in se stessi e in quanto li circonda, l'inevitabile chiusura nel privato il più ristretto possibile, lo scontro egoistico su diritti e doveri e i tanti sovversivismi che tanto piacciono a chi preferisce ubriacarsi di illusioni anziché rimboccarsi le maniche del cervello.
E proprio il realismo pacato ma fermo del Bersani a questo punto mi hanno in qualche modo rassicurato, finalmente niente più BALLE o SOGNI inutili.
SPERIAMO che assieme ce la CAVIAMO!
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