sabato 23 marzo 2013

BERSANI, vissuto di azzardi.

Non si può negare che il percorso che il BERSANI deve fare anche solo per presentarsi alle camere è quanto mai arduo e pieno di trabocchetti e insidie, con l'opposizione non poi così nascosta del NAPOLITANO. Opposizione ovvia quella di Napolitano con una storia alle spalle di opposizione del RE ai tempi gloriosi del PCI targato TOGLIATTI, dove rappresentava la cosiddetta DESTRA, corrispondente a un facsimile di storia liberale napoletana di opposizione-protetta al BORBONE.

Un esempio per tutti, l'atteggiamento assunto a proposito dei fatti d'Ungheria del 1956, atteggiamento che nella sostanza si adeguò alla interpretazione filo russa della vicenda.

In quell'anno, tra l'ottobre e il novembre, si consuma da parte dell'URSS la repressione dei moti ungheresi, che la dirigenza del PCI condannerà come controrivoluzionari (l'Unità arriva persino a definire gli operai insorti "teppisti" e "spregevoli provocatori"). Nel momento stesso degli eventi, egli stesso elogia l'intervento sovietico dichiarando: «L'intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo».

Posizione questa di Napolitano comprensibile vista la collocazione sociale della famiglia d'origine, l'aver (come molti altri, perché unico strumento possibile) svolto attività intelletual-politica nel GUF all'interno del quale già allora si coagulava una fronda che potremmo oggi definire di sinistra (attorno al futuro ministro Bottai, purtroppo "infortunatosi" con le leggi razziali, ispiratore di una  riforma scolastica che finì in niente per la solita opposizione ispirata da Gentile e dai soliti superintellettuali nostrani, dotati di maggiordomo e cameriera, anzi serva).

Ma torniamo al Bersani, classe 1951, figlio di "normali" proletari evoluti verso l'artigianato e quindi a un orizzonte che si lega al passato ma di necessità guarda al presente e al futuro. E comunque va pur tenuto presente che la provincia di Piacenza, e quindi anche Bettola, ha una tradizione e una storia decisamente diversa dal resto dell'Emilia-Romagna. Se appena si scende lungo la via Emilia ecco arrivare a Parma, divisa in due dal "torrente" con da una parte una specie di Stalingrado (anche, se necessario, riottosa e violenta) e dall'altra l'insieme di borghesi con una lunga tradizione di amministrazioni culturalmente favorita sia dalla posizione geografica sia dai DUCHI pre- che post-Napoleone  che contribuìrono a rendere Parma un faro culturale in Europa.  

Poi s'arriva a Reggio Emilia, dove anche il Parroco probabilmente era ROSSO SOVIETICO.  E infine BOLOGNA che non ha certo bisogno di illustrazioni, dove comunque l'azione politica ha sempre avuto la necessità di una continua mediazione che ha portato questa città a uno sviluppo unico anche in questi periodi di crisi.

Questo è il territorio in cui il giovane Bersani si è formato ed è poi arrivato alla politica in una realtà fra l'altro che, proprio a Piacenza, vedeva una presenza cristiana molto forte. Si pensi al giovane Bersani che si laurea in Filosofia con una tesi di laurea su PAPA GREGORIO MAGNO.  E già prima aveva dovuto superare difficoltà familiari, comprensibili.

In un'intervista a Porta a Porta il parroco del suo paese natale ricorda come da bambino e da adolescente Bersani svolgeva in chiesa il servizio di chierichetto. Ricorda inoltre un curioso episodio dell'infanzia di Bersani che finì sui giornali locali: per protesta verso alcune scelte del parroco sulla destinazione delle offerte fatte dai fedeli, il piccolo Pier Luigi organizzò uno sciopero dei chierichetti. Sempre nella stessa intervista, la madre di Bersani ricorda come la famiglia, cattolica e democristiana, fu inizialmente sconvolta dalla scelta del figlio di militare nel PCI e per convincerlo a cambiare idea la madre richiamò a casa suo fratello, sacerdote missionario, affinché parlasse al figlio.

Queste quindi  le premesse che lo portano, dopo vari passaggi tipo Comunità montana e Comprensorio piacentino, a diventare nel 1980 consigliere comunale a Bettola fino al 1985, e poi via via Consigliere regionale con la tornata elettorale del 1990 che lo vedrà poi Presidente della regione nel 1993, dopo esserne stato vicepresidente, e poi la conferma elettorale del 1995. Ed è qui che Bersani deve affrontare la realtà di una maggioranza non monolitica con il PDS al 43.1% (20 seggi), i Popolari al 5.6% (2 seggi), i Verdi al 3,2% (1 seggio) e liste varie al 3.7 (zero seggi) e i 10 seggi del listino. Già in quella tornata elettorale continua la separazione con Rifondazione  che ottiene 3 seggi e che sfortunatamente viene eliminata conl'Ulivo di Bertinottiana memoria all'epoca del Governo Prodi con gli esiti noti.

Per quanto riguarda il Partito e tutti i derivati successivi al PCI rinuncia alle primarie che incoroneranno Veltroni per evitare conflitti inutili poi nel 2009 partecipa alle primarie e le vince. La sua posizione viene così riassunta:


Nel 2009, Bersani decide di candidarsi a segretario del Partito Democratico.
Bersani ha incentrato la sua candidatura sull'esigenza di unire i valori cattolico-popolari con quelli delsocialismo democratico e della socialdemocrazia.Ha inoltre dichiarato il suo impegno per far sì che ogni cittadino possa votare non solo il segretario di partito, bensì anche ciascun parlamentare.
Il 25 ottobre 2009 Bersani vince le elezioni primarie, battendo il segretario uscente Dario Franceschini e il senatore Ignazio Marino, e viene così eletto segretario nazionale del PD. Tra i sostenitori della candidatura di Bersani vi erano Massimo D'AlemaRosy BindiEnrico LettaLivia TurcoRosa Russo IervolinoAntonio Bassolino e Marco Follini.
Comincia così il lungo percorso per raggiungere la piena autonomia dagli antenati e rappresentanti di porzioni precise del Partito, uno dei motivi fondamentali che lo ingessano per i tanti contrasti non solo tattici. 
Molte delle cose che Bersani si proponeva nel 2009 per il partito hanno poi avuto concreta realizzazione come dimostra l'ultima tornata di primarie, anche se rimangono ancora molti problemi a livello locale. 
I risultati elettorali del febbraio scorso hanno fatto rialzare la testa a quanti erano finiti in ombra ma Bersani ostinatamente accetta la sfida, come altre volte, ben consapevole delle difficoltà e dei tanti che, nelle alte cariche del partito, sperano   nel suo insuccesso e, soprattutto, avendo contro il compagno NAPOLITANO tutto normalità e inciucio. Effettivamente molti aspetti del "comunismo emiliano" appaiono strani nel resto d'Italia, ma è anche vero che gli anni di governo locale (anche perso e poi riconquistato, come a Bologna) che quella esperienza è stata positiva anche, o soprattutto, per i risultati in benessere e LAVORO.

PERCHE' NON DOVREBBE ESSERE ANCHE PER L'ITALIA INTERA?

A MENO CHE VERAMENTE NON ASPIRIAMO SOLO A PETTINAR LE PECORE...











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